«La prima volta che ho condotto un telegiornale è stato un po’ per scherzo, ma presto il giornalismo è diventato una passione profonda». «Ho iniziato a fare tv con Vianello, Mike e Corrado con cui mi riconoscevo perfettamente». «Avrei voluto cond

Giornalista,  dirigente del Milan degli anni d’oro, conduttore televisivo, assessore allo sport, attore. In poche parole: Cesare Cadeo. Il noto anchorman è venuto in redazione a raccontarsi con il suo stile inconfondile di uomo d’altri tempi. Partiamo dai suoi 20 anni, periodo in cui, iscrittosi all’università, comincia a impegnarsi in politica anche, e sono parole sue, per sfuggire al controllo della famiglia borghese in cui è cresciuto. Sono gli anni di Confederazione studentesca di area democratica/liberale/cattolica, opposta al Movimento studentesco. È il periodo del 68, i genitori decidono di mandarlo in Inghilterra per distoglierlo dalla politica. Quando rientra, dopo il servizio militare, sposa Lalla, con cui avrà 3 figli che è tuttora la sua compagna di vita. La politica resta comunque la sua passione (è stato iscritto per molti anni alla Dc), ma dopo pesanti minacce (“Col sangue di Cadeo faremo più rosse le nostre bandiere” si troverà scritto su un muro vicino casa) giura alla moglie di abbandonare l’attivismo. A quel punto inizia a lavorare per l’ufficio stampa Sea e, dopo diverse esperienze nel campo della comunicazione, approda al Milan.
La notorietà ti è arrivata come conduttore televisivo. Ci doni qualche ricordo?
«Nel 1975 il mio amico Marcello Di Tondo, amministratore delegato di TVM66 mi ha proposto di condurre il telegiornale. Ho accettato un po’ per scherzo, ma presto è diventata passione profonda per la mia professione. Alla fine degli anni ‘70 ho avuto la fortuna di approdare a Telemilano, fondata da Silvio Berlusconi, e da quel momento è iniziata la più straordinaria avventura nel mondo della comunicazione occidentale, di cui ho avuto l’onore di far parte».
Differenze tra televisione di allora e di oggi?
«Berlusconi aveva improntato la televisione su correttezza e gentilezza, con personaggi del calibro di Vianello, Mike e Corrado, in cui mi riconoscevo perfettamente. A metà degli anni 80 i vari Ricci, Gori e Freccero introdussero dei cambiamenti in direzione di una tv provocatoria e aggressiva con programmi tipo Drive in. In realtà il cambiamento fu culturale, la televisione non faceva altro che ricalcare le tendenze del Paese. Una figura come la mia mal si adattava a quella filosofia, eppure, evidentemente personaggi come me fanno sempre presa sulla gente, se è vero che ancora oggi chiamano me per le promozioni pubblicitarie.Personalmento ho utilizzato la tv per osservare il paese, anche dal punto di vista sociologico. Non mi stanco di ribadire la straordinaria libertà di espressione di cui ho goduto da giornalista».
Che ricordo hai di Mike Bongiorno?
«Ho lavorato con lui per 5 anni, rischiavo di trasformarmi in un suo clone (sorride, ndr). Ero il suo inviato speciale per Superflash, facevo l’Intervista in pantofole. In pratica andavo a casa di politici e grandi personaggi della cultura e del cinema e trascorrevo un’intera giornata con loro. Esperienza meravigliosa, perchè la gente, seduta al tavolo da pranzo, racconta e rivela cose intime e inaspettate. A Mike devo praticamente tutto quello che ho imparato di questo lavoro. Era un grande amico e sono stato uno degli ultimi con cui ha chiacchierato, durante una festa, il giorno prima di morire».
Come sei riuscito a collegare vita privata e carriera?
«Devo tutto a Lalla, che è stata, ed è, una moglie, mamma e soprattutto compagna straordinaria. Ha sopportato e supportato me e la mia professione senza mai limitarmi. Devo dire che a volte sono stato io a fare delle scelte per la famiglia, ad esempio rinunciando alla conduzione di Forum che mi avrebbe costretto a trascorrere la settimana a Roma».
C’è qualche trasmissione che avresti voluto condurre?
«Sicuramente Domenica In di Baudo, che ho sempre stimato come grandissimo professionista. Se poi parliamo di rimpianti non posso non citare l’occasione persa per la conduzione di Mai dire gol. Per un litigio con Teocoli, la Gialappa’s cercava urgentemente un sostituto, provarono a telefonarmi per un pomeriggio intero, ma io stavo registrando e non sentii la chiamata. E così il posto andò a Lippi».
Come hai fatto 6 mesi dopo a ritrovarti assessore provinciale a Turismo e Sport?
«Tutto è cominciato con una telefonata di Sgarbi che mi annunciava la mia nomina da parte della Colli. Pensando a uno scherzo, gli risposi a tono e riattaccai. Il giorno dopo fui contattato direttamente dalla Provincia, ma ancora una volta pensai a una presa in giro, finchè mi passarono Ombretta e a quel punto capii che era tutto vero. Cominciò così la mia avventura».
Ti abbiamo visto ospite all’Isola dei Famosi. Parteciperesti mai a un reality?
«Come conduttore ho fatto La sposa perfetta, un reality sul mondo del wedding insieme a Roberta Lanfranchi. Se invece parliamo di partecipazione come concorrente la risposta è no. Mi avevano chiesto di fare l’inviato per l’Isola, ma ho scelto invece di fare una tournée estiva, non amo le scomodità».
Tuo fratello Maurizio è una vecchia conoscenza di Segrate, visto che è stato vicesindaco. Hai mai lavorato insieme a lui?
«Ho collaborato con Maurizio quando era assessore della giunta Moratti. Sinceramente mi sarebbe piaciuto avere più occasioni, è una persona visionaria e con una vasta cultura».
A proposito di cultura, ultimo libro letto?  
«“Eia Eia Alalà” di Giampaolo Pansa, una sorta di romanzo storico che racconta il periodo vissuto dalla nostra Nazione tra la fine della prima Guerra Mondiale e quella della Seconda. Sempre dello stesso autore, “Il Rompiscatole”, l’Italia raccontata da un ragazzo del ‘35. Sono tutte testimonianze che mi coinvolgono molto anche perchè, seppure più giovane, ho vissuto quei momenti».
Con Maurizio Mosca presentavi il gioco della torre, questa volta facciamo decidere a te chi buttare giù. Barbara D’Urso o Marcuzzi?
«Mi mettete subito in difficoltà... Sono due grandi amiche, ma se proprio devo scegliere salvo Alessia, di Barbara non amo particolarmente il genere di programmi che presenta».
Amadeus o Carlo Conti?
«Butto giù Amadeus».
Gabanelli o Bignardi?
«Salvo la Gabanelli».
Vespa o Santoro?
«Sembrerà scontato, ma butto Santoro».
Che resti tra noi... Hai mai perso la testa per una donna dello spettacolo?
«Persa no, anche perchè ho a fianco una bellissima donna. Certo che ho lavorato con meravigliose creature».
La tua formazione in rosa ideale?
«Scilla Gabel, Paola Perego, Luana Colussi, Jacqueline Bisset, Cristiana Capotondi, Luisa Corna, Martina Colombari, Barbara Bouchet, Afef, Barbara D’Urso, Monica Vitti e Virna Lisi. Se proprio devo fare un nome, avrei fatto follie per Audrey Hepburn».
Per concludere, cosa pensi della stampa locale?
«È essenziale per la democrazia: è l’unica realtà in cui ancora è garantita, quasi sempre, la libertà di pensiero».
Paola Scaglia
in collaborazione con Lilli Nono