«Quando mi hanno contattato hanno dato per scontato che accettassi. E avevano ragione». «Di Cioccio e Mussida musicisti incredibili, ma anche persone stupende».«Come contributo ho portato il mio pianismo classico»

2018-04-06

Ebbene sì, la leggendaria band italiana PFM, Premiata Forneria Marconi, per comporre la nuova formazione è venuta a pescare nel nostro territorio scegliendo un giovane musicista che nel recente passato ha anche insegnato al Machiavelli di Pioltello. Alessandro Scaglione, 31 anni, residente a Segrate, nel quartiere di Lavanderie, ma originario di Milano Due, dal 2012 è, infatti, il tastierista dello storico gruppo di Di Cioccio e Mussida e, nonostante la giovane età, si è già guadagnato un solido posto tra questi mostri sacri della musica italiana. Laureato in pianoforte classico al Conservatorio di Milano, Alessandro ha sempre dimostrato di avere una profonda versatilità che lo ha portato a dedicarsi anche alla musica elettronica. Dopo anni passati con un direttore d’orchestra a occuparsi di arrangiamenti e a dirigere e suonare in concerti importanti come i “live” di Radio Italia e dell’orchestra sinfonica di San Remo, si è trovato a curare gli arrangiamenti per orchestra del disco “PFM in classic”, opera che gli ha permesso di mettersi in evidenza ed entrare così nella band.
Dunque, Alessandro, com’è scattata la scintilla?
«Devo dire che è stato un po’ un trauma, perché la chiamata era del tutto inaspettata. Stavo lavorando agli arrangiamenti del disco quando ho ricevuto una chiamata di Franz che lasciava poco spazio alla risposta. “Domani suoni con noi”. Chiaramente non potevo rifiutare. Nonostante l’agitazione per dovermi imparare un concerto in pochissimo tempo l’entusiasmo era troppo per poter declinare. Anche perché subito dopo mi dissero “la settimana prossima vieni con noi in Giappone”, e il gioco ormai era fatto».
Ci racconti qualcosa del gruppo, partendo dai suoi leader storici Franz Di Cioccio e Franco Mussida?
«Musicisti pazzeschi e persone meravigliose. Franz è un ottimo batterista e il frontman perfetto: salta, balla, canta, un’energia inesauribile. Riesce a fare due ore di concerto senza fermarsi un attimo. Franco è anche lui un musicista impressionante, un chitarrista che ha davvero pochissimi rivali in Italia. Con lui ho lavorato davvero molto volentieri, perché è anche una persona simpaticissima. Tra l’altro durante i concerti spesso suona di fianco a me, quindi è bello confrontarmi con lui anche, diciamo, a gara in corso. Lo stesso posso dire per Sfogli: tutte persone che sia a livello umano che professionale hanno molto da dare».
Qual è la cosa che più ti ha impressionato della PFM?
«L’energia. Mai avrei immaginato che dopo tanti anni di musica avessero ancora tanto entusiasmo e tanta forza. Poi mi è piaciuto tantissimo il fatto di trovare in questa band qualcosa di davvero impegnativo e molto vario. Non ci si annoia mai, e per uno come me che viene dal classico tutto questo è fantastico. La nuova formazione poi unisce persone provenienti da esperienze musicali totalmente diverse e questo rende il nostro lavoro unico e originale. Diversi stili e una sola anima, bellissimo. Saltiamo da un mondo all’altro, da una scrittura un po’ più classica, che è stata tanto usata nel rock progressivo di un certo periodo, fino a uno stile più adatto alla canzone rock».
Quindi per te è un’esperienza importante anche a livello formativo, giusto?
«Assolutamente, mi sono trovato catapultato in un mondo che non mi sarei mai aspettato, quindi ovviamente ho dovuto fare i conti con situazioni nuove che inevitabilmente mi stanno facendo crescere in tutti i sensi».
Secondo te cosa gli ha fatto dire “Alessandro è il musicista giusto per noi”?
«Credo che il mio contributo sia stato quello di portare un po’ di pianismo classico all’interno del loro mondo, cosa che evidentemente stavano cercando e che non sempre c’è nel rock. C’è una particolare cura dei dettagli nella musica classica e io sono felice di portarla come valore aggiunto nella band».
La PFM scrive ancora?
«Abbiamo appena inciso il nuovo disco “Emotional tattoos” all’interno del quale porto il mio contributo. Ho suonato anche in altri loro dischi in precedenza. “Emotional tattoos” è uscito quest’anno e al momento stiamo facendo la tournée mondiale di promozione. A gennaio siamo stati in Giappone e fra poco partiremo per il Sud America e gli Stati Uniti. Non ci fermiamo mai».
Quanto avresti voluto essere un membro della band ai tempi della collaborazione con Fabrizio De Andrè?
«Chiaramente è stato uno dei periodi più belli della band, quindi credo che sarebbe stata un’esperienza stupenda sotto tutti i punti di vista. In ogni caso avere a che fare con un artista del calibro di De Andrè non può che essere formativo. Comunque Fabrizio viene citato regolarmente dalla band e in ogni concerto cerchiamo di rendergli omaggio suonando qualche suo brano, tipo “Il pescatore” o “Volta la carta”. D’altronde ripercorrendo la storia della PFM non si può mancare di menzionarlo».
I tuoi riferimenti musicali?
«Sono sempre stato diviso tra più generi e continuo a esserlo, ma se devo scegliere dei nomi che mi hanno ispirato dico Rachmaninov per quanto riguarda il romanticismo classico e Gershwin che invece spazia dalla musica colta al jazz».
Ora ti faccio una domanda un po’ ostica, che potrebbe metterti in difficoltà: chi è, a tuo giudizio, il più grande tastierista di tutti i tempi?
«Ognuno dà il suo apporto, ognuno ha portato qualcosa di nuovo e costruttivo nel panorama musicale. Personalmente amo tantissimo Keith Emerson, però ripeto: ognuno ha il suo suono e contribuisce alla causa in modo diverso, è molto difficile sceglierne uno. Sicuramente anche Flavio Premoli ha fatto qualcosa di grandioso per la musica».
Parliamo un po’ della tua esperienza al Machiavelli: come la definiresti?
«Insegnare musica mi piace molto e soprattutto mi piace lavorare con i ragazzi perché sono sinceri e schietti. Era la prima volta che mi confrontavo con degli studenti delle superiori e devo dire che si è instaurato subito un rapporto di amicizia e stima reciproca, anche con gli altri docenti».  
Concludiamo parlando di progetti futuri: cosa bolle in pentola?
«Tantissime cose. Chiaramente il lavoro con la band mi porta via parecchio tempo e la cosa mi piace che rimanga così. Al momento insegno anche al liceo coreutico Tito Livio di Milano. Come ti dicevo però mi piace spaziare all’interno del mondo della musica e così sto portando avanti diversi progetti nell’ambito dell’elettronica con lo pseudonimo Mynus. È in uscita un singolo che s’intitola “We the stars”, che unisce house e un’orchestra d’archi, e a breve darò il via a un progetto live dal nome “Visual impulse”, un evento in cui gli spettatori partecipano creando la musica attraverso le foto. Il primo è domani (sabato 7 aprile, ndr) all’Heraces di via Padova a Milano».
Mattia Rigodanza