2019-03-22

«Certo che ho avuto paura, ma in quel momento era più il pensiero di salvare tutti i miei compagni». Parla con voce molto bassa Sheata Ramy, il 13enne che mercoledì è riuscito a dare l’allarme, di fatto facendo scattare i soccorsi delle forze dell’ordine. Ecco la sua testimonianza: «Ci diceva di stare zitti. Al momento tutti credevamo che fosse uno scherzo, ma quando ha iniziato a legare alcuni di noi abbiamo compreso che stava succedendo qualcosa di grosso». Per essere certo che gli ostaggi non potessero comunicare con l’esterno, il sequestratore ha preso i cellulari di tutti i ragazzi, ma Sheata è riuscito a nascondere il suo: «Io ero seduto piuttosto in fondo. Ho capito che dovevo rischiare perché la sensazione era che altrimenti saremmo morti tutti. Così ho chiamato la polizia, mio padre e i carabinieri. Poi, per non destare sospetti, gli ho detto che avevo visto un cellulare per terra e l’ho consegnato». Sheata conferma che l’uomo era armato e che continuava a minacciare tutti: «Aveva una pistola, un coltello, che ha anche puntato alla gola di un mio compagno, e un accendino. Ha buttato benzina sul pavimento e ci ha dato degli stracci neri per coprire i finestrini. Anche questi erano impregnati di benzina. Aveva messo i lucchetti alle porte e tolto tutti i martelli di plastica che servono per spaccare i vetri in caso di emergenza. Cosa diceva? Che nessuno sarebbe uscito vivo, che se ci fossimo mossi avrebbe buttato l’accendino per terra e che doveva vendicare i morti nel Mediterraneo. Ha anche detto che sua moglie e i suoi bimbi erano morti in mare».