2020-06-26

Per chi è cresciuto a San Bovio negli ultimi trent’anni, i punti di riferimento sono stati pochi, visti i rapidi cambiamenti che ha subito la frazione nel tempo. Attività che hanno aperto e chiuso nel giro di qualche mese, servizi offerti e altri negati alla comunità, nell’arco di brevi periodi. In questo schizofrenico andirivieni di novità, solo una cosa è rimasta per lunghissimo tempo immutabile nella sua gentile e rassicurante presenza: la tabaccheria di Domenico e Irene, sotto i portici di viale Abruzzi. Chi non è mai passato a comprare un giornale, una schedina del lotto, una ricarica telefonica, un biglietto Atm, una bustina di figurine panini o un pacchetto di sigarette? Quante generazioni si sono alternate a contemplare assorte gli espositori all’esterno del negozio? E, soprattutto, quanti di noi, per anni, hanno cominciato le loro giornate con i volti, i sorrisi e le chiacchiere dei due affabili esercenti? Li abbiamo intervistati alla fine del loro percorso nel quartiere, al termine della loro attività ultraventennale al servizio della gente di San Bovio, e non nascondiamo di aver provato un forte senso di tenerezza e commozione nel rivivere un legame che ci ha accompagnato per un lungo pezzo della nostra vita. 

Cosa si prova a chiudere un’attività dopo 23 anni passati nello stesso rione?

“E’ difficile, estremamente difficile. Da quando abbiamo aperto nel 1997 abbiamo subito costruito dei rapporti che vanno oltre la relazione negoziante-cliente. Abbiamo coltivato legami affettivi che ci porteremo dietro per sempre”.

Ritenete, quindi, che la vostra esperienza a San Bovio sia stata positiva?

“Assolutamente sì. In tutti questi anni abbiamo registrato solo pochissime note negative. Abbiamo visto nascere e anche morire molte persone, abbiamo visto crescere una comunità. Non abbiamo mai considerato la nostra solo un’attività commerciale. Abbiamo creato amicizie sincere, ci siamo sentiti parte di una grande famiglia. Certo, il lavoro è stato duro, ma la comunità lo ha alleggerito parecchio”.

Beh, almeno il lavoro dietro al bancone sarà qualcosa di cui non sentirete la mancanza, no?

“Ovviamente la fatica di un esercizio estenuante, sia dal punto di vista della mole di lavoro che da quello degli orari, non ci mancherà, tant’è che non vediamo l’ora di assaporare una nuova vita, appena avremo finito il periodo di affiancamento e avremo messo a porto tutta una serie di pratiche burocratiche. Detto questo, ci saranno tantissimi particolari di cui, invece, sentiremo la mancanza. Parlo delle chiacchiere, dei racconti, degli sfoghi. Parlo delle singole persone e dei rapporti che abbiamo consolidato in tutto questo tempo”.

Voi che avete conosciuto così tanti abitanti del quartiere, come definireste i sanbovini in tre aggettivi?

“Particolari. Alcuni esigenti. Molti stupendi. Ma è difficile racchiudere una comunità in tre caratteristiche sole”.

E invece il quartiere com’è cambiato da quando siete arrivati voi?

“E’ mutato piano nella struttura e nell’urbanistica, ma i veri cambiamenti sono avvenuti all’interno della comunità stessa”.

In che senso?

“Beh, la cittadinanza si è allargata, sono arrivate tante nuove famiglie. Dobbiamo dire che anche i nuovi ci hanno dimostrato molto affetto da subito e fino alla fine”.

Quindi avrete visto passare anche tante generazioni diverse, giusto?

“Certamente. Abbiamo visto ragazzi e ragazze diventare genitori”.

E credete ci siano differenze tra le vecchie e le nuove generazioni?

“In realtà sì. Le prime generazioni forse erano un po’ più responsabili ed educate, mentre i ragazzi di oggi, a mio parere, avrebbero bisogno di ricevere qualche “no” in più dai loro genitori. Essere troppo permissivi non è sempre un bene per i propri figli. Ma non voglio generalizzare, tutto sommato abbiamo sempre avuto a che fare con persone fantastiche”.

Quindi consigliereste San Bovio come posto in cui vivere?

“Ovviamente. Porteremo sempre questa frazione nel nostro cuore, ci ha dato tanto e rappresenta una grande fetta della nostra vita. San Bovio è una bellissima comunità che dà l’opportunità di vivere una vita serena. Noi abitiamo non molto lontano, sempre nell’hinterland, in un posto ugualmente tranquillo”.

 Trascorrerete lì il vostro futuro?

“Crediamo di sì. Al momento siamo alle prese con un po’ di commissioni arretrate e pratiche che, presi dal nostro lavoro, avevamo accantonato. Una volta sistemate queste cose ci concederemo molto riposo e, chissà, magari qualche sfizio o svago, pur restando coi piedi per terra ovviamente. Inoltre, ci piacerebbe cominciare a vivere di più la nostra casa, la nostra sfera domestica e, soprattutto, la nostra famiglia. D’altronde in più di vent’anni abbiamo avuto poco tempo per loro. E’ ora di recuperare.        

 

Mattia Rigodanza