2020-07-21

Immaginatevi di assumere un ruolo di grande responsabilità e di trovarvi subito a dover gestire una crisi sanitaria su scala globale. È esattamente quanto è successo a Mimmo Paolini, 36 anni, nominato l’1 marzo comandante della polizia locale di Pioltello. “È successo tutto molto in fretta”, racconta Paolini. “Il 23 febbraio, quando già sapevo che l’avrei presto sostituito in comando, l’ormai ex comandante Lorenzo Mastrangelo mi chiese di partecipare alla prima riunione del comitato per l’emergenza Covid19 presso il Coc, Centrale Operativa Comunale. Allora eravamo sicuri che questo virus fosse qualcosa di passeggero, quasi una scemenza, e non avevamo né la preparazione né la cognizione che sarebbe diventato una piaga mondiale. Così da un giorno all’altro mi sono trovato a dover gestire una struttura composta da circa cento persone, quando il comando solitamente conta appena 30 unità. Volontari della protezione civile che si occupavano di consegnare alimenti alle persone in quarantena e vestiti ai ricoverati in ospedale, personale amministrativo, altri volontari che avevano risposto all’appello del sindaco e decine di agenti della polizia locale per contenere e far rispettare l’ordine pubblico. Insomma, in pochissimo tempo si è andata a creare una macchina organizzativa in grado di rispondere a duecento richieste al giorno e proprio grazie ai volontari siamo riusciti a rimanere aperti mentre altri comandi e stazioni erano costrette a chiudere per l’emergenza”.

Una doccia fredda, lo scoppio della crisi sanitaria, che ha costretto Paolini ad apportare importanti modifiche agli spazi di lavoro. “In un giorno abbiamo assettato il comando per combattere al meglio il virus”, spiega il neo comandante. “Abbiamo recuperato guanti in lattice grazie a dei volontari e abbiamo disposto le mascherine da distribuire nell’armadio blindato delle munizioni, tanto erano preziose. Abbiamo appeso le mappe delle singole frazioni di Pioltello e Rodano negli uffici, così da monitorare in modo capillare la situazione. A Pioltello l’autorità sanitaria di pubblica sicurezza è il sindaco Ivonne Cosciotti, la quale ha delegato a me le attività di contrasto alla pandemia. Allora abbiamo creato delle schede digitali per raccogliere i dati relativi ai ricoveri, ai tamponi fatti, a chi era stato a contatto con malati e ai bisogni più specifici delle persone a rischio. Sebbene i dati che arrivavano da Ats, l’Agenzia di Tutela della Sanità, all’inizio fossero confusi e imprecisi, siamo riusciti a incrociarli con quelli raccolti da noi e a elaborare un prospetto della situazione in tempo reale, relativa a singoli nuclei famigliari. Così oggi sappiamo che fino al 28 maggio, nell’area di nostra competenza, sono stati registrati 164 positivi guariti e 56 decessi, anche se la grave situazione delle Rsa di Rodano e le morti avvenute fuori dal territorio non ci permettono di avere un dato preciso. Siamo peró certi delle 966 persone che abbiamo fermato e controllato durante il lockdown, delle 627 persone tenute a casa perché positive, delle 113 violazioni sanzionate, dei 467 controlli presso gli esercizi commerciali, dei 715 veicoli fermati, dei 3 negozi chiusi per inadempienza e delle 30 denuncie fatte. Numeri che danno l’idea della partita che ci siamo trovati a disputare, nostro malgrado”. Mesi di lavoro che è andato oltre l’ordinaria amministrazione. Nuovi ruoli specifici ricoperti per 24 ore al giorno, tripli turni, una spesa sospesa presso l’Esselunga cittadina e spazi del comando trasformati in punti di stoccaggio per generi di prima necessità donati da privati e aziende per aiutare le persone i maggiore difficoltà. “Inizialmente consegnavamo i beni direttamente alle famiglie, un po’ come abbiamo fatto con i dispositivi di protezione individuale, poi però la protezione civile ha coinvolto la Caritas in questa attività, perché non avremmo potuto occuparci della gestione degli indigenti ancora a lungo”, continua Paolini. “Per fortuna abbiamo trovato la massima collaborazione dei carabinieri e un grande slancio di solidarietà da parte dei cittadini, perché sono stati mesi davvero difficili e frenetici, tant’è che il nostro personale ha percepito un’indennità di ordine pubblico per il rischio a cui si è esposto con tanta determinazione. È andata anche bene il fatto che all’interno della nostra struttura non ci sono stati caso di contagio, perché non potevamo permetterci di perdere nessuno. C’è anche da sottolineare che tutto il lavoro di elaborare ordinanze che oggi devo fare ogni due settimane in base alle modifiche alle fonti normative, per mesi abbiamo dovuto farlo ogni sei ore, perché i decreti del Consiglio dei Ministri venivano prodotti di continuo. Tutto questo mi ha permesso di pensare alle modifiche che vorrei apportare al comando, tipo nuove tecnologie che ci permettano di produrre modulistica velocemente, oppure un sistema radio tetra anche per la protezione civile, o ancora dotazioni telefoniche per tutti gli uffici e le sale della struttura. Insomma, questa fase emergenziale ci ha permesso di capire cosa ci serve per essere più efficienti e quale direzione prendere per il futuro”.

Oggi il peggio sembra finalmente passato e negli uffici di via De Gasperi si parla di ripartenza. “In realtà è già da un po’ che ci siamo mossi in questo senso”, precisa il comandante. “In qualità di Covid Manager ho disposto la prima riapertura del mercato cittadino il 2 maggio, con l’area recintata e utenti limitati. Poi è stato l’orario dei negozi che hanno riaperto fino alle 20 e dei bar fino alle 23.30. C’è da dire che al Satellite e in piazza Garibaldi esiste già un’ordinanza storica del sindaco che vieta normalmente ad attività artigianali e bar di stare aperti oltre le 23.30. In questo lungo percorso che ci ha portati dalla crisi a una lenta ripresa, devo dire che ho registrato grande rispetto delle regole da parte dei più giovani, mentre i problemi più grandi sono arrivati dagli adulti e dagli anziani. Un dato su cui riflettere. Concludendo non posso che dire che, nonostante molti siano tornati alla normalità, io questa nuova normalità continuo a monitorarla. È vero, in questi mesi abbiamo fatto grandi passi avanti dal punto di vista delle tecniche mediche, ma un nuovo lockdown un po’ ci spaventa, perché noi non possiamo né chiudere né fare smart working. Io sono qua da quando avevo 21 anni e sono felice di esser cresciuto in questo ambiente e con questa squadra. Negli anni abbiamo creato un apparato abbastanza forte da poter affrontare qualsiasi emergenza”. 

Mattia Rigodanza