2020-10-13

Abbiamo superato una prima, devastante, ondata di contagi da sars-cov-2, ci siamo abituati alla mascherina sul viso e a un nuovo modo di vivere. E ora, con la previsione di un’imminente seconda ondata, tutti ci chiediamo: il vaccino arriverà? Quando? “Se tutto va come previsto, verosimilmente le dosi di vaccino in Italia saranno pronte per l’inizio del 2021” ha spiegato la virologa segratese Elena Criscuolo, ricercatrice presso l’istituto San Raffaele, raccontando il grande lavoro che precede il tanto atteso arrivo di un vaccino nelle mani della popolazione. «Partiamo dal presupposto che un farmaco, qualsiasi esso sia, compreso un vaccino, prima di poter essere immesso sul mercato e dunque distribuito su larga scala, deve superare rigorosi test organizzati in fasi successive. La prima è quella pre-clinica, che prevede una lunga serie di verifiche su cellule e tessuti. Se il preparato passa con successo questo step, riceve l’approvazione e si procede con gli studi clinici, ovvero i primi test su umani. Si parte con un campione molto ristretto e oculatamente scelto, come ad esempio soggetti che manifestano la forma più grave della malattia, in questo caso la sindrome del covid-19. Una volta appurata la funzionalità su questa corte ristretta, il campione umano viene ampliato in numero, circa 100 mila pazienti, e in eterogeneità per includere sottopopolazioni prima non considerate e verificare l’inesistenza di effetti indesiderati anche nella moltitudine. Ottenuto quest’ultimo via libera, il farmaco può uscire sul mercato». Attualmente in Italia, e in tutto il mondo, sono svariati i candidati vaccini che stanno affrontando la corsa all’ultimo semaforo verde. «Nel complesso, considerando tutti quelli in fase di lavorazione nel mondo, sono 177 i preparati vaccinali individuati: di questi, circa una cinquantina sono arrivati alla fase dei test sull’uomo, ma non l’hanno ancora terminata. A buon punto sono la Russia, la Cina, gli Stati Uniti, Israele. Anche in Italia ne abbiamo, in particolare un preparato in fase pre-clinica e qualcosa in fase più avanzata. Purtroppo molti di questi, sono rimasti bloccati nel mezzo della sperimentazione perchè dopo il lockdown i casi di Covid-19 nel mondo si sono ridotti drasticamente. Un evento nel quale naturalmente tutti umanamente avevamo sperato, ma che paradossalmente non ha giovato alla produzione del vaccino; va da sé, se mancano i malati, non si può procedere con i test. Dopo due mesi di stop forzato, a settembre sono ripartiti, con la seconda ondata, e siamo fiduciosi». Parallelamente alla messa a punto di un vaccino però, molti gruppi di ricerca, compreso quello della stessa Criscuolo, stanno portando avanti studi altrettanto promettenti per combattere il virus su altri fronti. «Il vaccino funziona così: si prende il virus intero, lo si spezzetta e lo si inocula, in modo che il corpo possa produrre gli anticorpi. Ora, immaginando il virus come fosse una matita, ci siamo accorti che la parte importante della struttura, quella che veramente gli occorre per attaccare il nostro corpo, è solo la gommina che sta in cima alla matita. Il resto, serve esclusivamente per confondere il nostro sistema immunitario. Proprio di recente si è scoperta l’esistenza di questi anticorpi neutralizzanti specifici “per la gommina”, tecnicamente detti monoclonali, il problema è che il nostro corpo ne produce in piccolissima quantità. L’obiettivo della comunità scientifica, che poi è anche ciò a cui sto lavorando con il mio gruppo, è quindi cercare di individuarli e capire come farne un farmaco da somministrare endovena». Infine, una precisazione in merito ad una modalità di cura su cui si è molto dibattuto e che in alcuni casi è parsa miracolosa: il plasma. «Il plasma sanguigno prelevato da soggetti che dopo essersi ammalati, sono guariti, contiene una moltitudine di anticorpi perchè il fisico di quegli individui è venuto a contatto con l’intero virus e la percentuale di anticorpi neutralizzanti, quelli veramente utili su cui deve concentrarsi la nostra attenzione, è molto bassa. Per questo motivo in realtà risulta poco efficace».
Eleonora Pirovano