«Mi ha sempre mosso questo spirito, sia all’inizio che oggi». «Stimo Cristofori e mi manca Maiocchi». «Ringrazio Alessandrini, l’unico che mi ha dato fiducia come assessore». «Ho davvero nostalgia di Segrate, ma me ne sono andato per stare vicino a mia figlia e mio nipote»

2016-11-18

Certamente si può definire tra i decani della politica segratese anche se da qualche anno non abita più qui, ma a Carate Brianza. Tuttavia le vicende nostrane continua a seguirle con grande passione. Basta vedere come è attivo sui social network per rendersene conto. È davvero tanto che non facciamo una chiacchierata con Benito Alberto Ruiu. Allora partiamo.
Come si sta lontano da Segrate?
«Sono sincero: preferivo vivere qui (si trova in redazione, ndr). Perché Segrate è una città che mi ha dato tanto, che ho sempre rispettato e a cui sono davvero affezionato. Quì c’è una partecipazione unica che altrove non ho mai constatato. Lo ammetto: ho nostalgia».
Se dico Segrate, il suo primo ricordo qual è?
«Le battaglie che ho fatto sia nella scuola sia, soprattutto, nel campo politico e sociale. In particolare la prima che mi viene in mente, peraltro con grande piacere, riguarda quella in cui mi vede opposto alla costruzione di un inceneritore a ridosso dell’ospedale San Raffaele e di Milano Due. Battaglia che feci con altre persone molto attive e collaborative».
E l’ultimo, invece?
«La grande disapprovazione che ho messo quando ci presentarono un progetto che, proprio davanti alla portineria di Milano Due, prevedeva una struttura sportiva. Una vera e propria sorta Milanello per squadre di calcio di serrie A. Avrebbe significato un indotto ingestibile e incontrollabile. Il quartiere avrebbe subito un disagio davvero assurdo».
Lei ha speso una vita in politica. Cosa la spinge a viverla ancora oggi con così tanto trasporto?
«Esattemente quello che mi mosso sin dall’inizio: una grossa volontà nell’oppormi alle ingiustizie e all’emarginazione delle persone. Ancora oggi mi viene istintivo difendere i diritti che vedo vanificati o soppressi».
Eppure nonostante tanti anni in politica ha fatto una sola esperienza come assessore e per giunta negli ultimi anni. Si è mai chiesto perché?
«Certo che me lo sono chiesto. E credo di avere anche la risposta. Non sono mai diventato sindaco e nessuno voleva mai la mia collaborazione in giunta perché sono una persona che non si può gestire. Nel senso che non accetto compromessi se non sono limpidi e portati avanti nell’esclusivo interesse della collettività. Persone come me danno fastidio».
Evidentemente non a tutti se Alessandrini le diede questa opportunità...
«Forse Alessandrini conoscendomi meglio di altri mi stimava e ha voluto darmi fiducia. Ho apprezzato molto questo suo atto nei miei confronti e in quel periodo ho cercato di svolgere il mio ruolo di assessore con il massimo dell’impegno e con tutte le mie capacità».
Mi vuol dire che in quei cinque anni non le hanno mai chiesto compromessi?
«No, mai. Se devo essere sincero come consigliere qualche pressione l’ho avuta negli anni ‘80 da personaggi che hanno ricevuto il mio rifiuto e che la giustizia successivamente ha individuato».
Nel suo passato ci furono anche delle dimissioni da capogruppo della Dc...
«Vero. Era una battaglia per il rilascio dei permessi del terzo lotto del San Raffaele. Volevo assolutamente che i vertici dell’ospedale si impegnassero per costruire un pronto soccorso per dare un servizio immediato a Segrate. E ricordo che furono raccolte un migliaio di firme per farmi tornare suoi miei passi. Così tanta fiducia mi fece cambiare idea e rimasi».
Che ricordo le resta del suo periodo da assessore?
«Tanti. Tra questi un incontro che organizzai con i vertici delle multinazionali con sede a Segrate per cercare di allestire un progetto comune legato alla sicurezza. E poi le mie istanze al parlamento per chiedere che la polizia locale potesse avere compiti e poteri più estesi».
La politica le ha dato tanto, insomma?
«Certo. Ad esempio conoscere una serie di politici che negli anni ‘80 erano in consiglio comunale e, seppure avversari, avevano una levatura morale incredibile. Erano consiglieri dell’allora Pci. Non so se io ho dato loro qualcosa, di sicuro a me loro sì».
Ha qualche rimpianto?
«Il più grande non è proprio legato alla politica. Ed è stato quello di essermene andato da Segrate anche se per una ragione affettiva e, credo, nobile: stare vicino a mia figlia che aveva trovato lavoro in un altro Comune e, di conseguenza, anche a mia nipote».
Cosa serve oggi a Segrate?
«Prima di tutto si deve rivedere il collegamento intercomunale riuscendo però ad ottenere il prezzo del biglietto come comunale. Siamo nell’area della grande metropoli, è come se fossimo il più grande quartiere di Milano e sarebbe giusto. E poi portare a Segrate la metropolitana».
Il politico nazionale che apprezza maggiormente?
«Per le sue capacità politiche Bettino Craxi. E poi Scalfaro come vero uomo di Stato. Nella Dc, invece, a parte i grandi De Gasperi e Moro fatico a ricordarmene altri di quello spessore».
E a livello locale?
«Anche se non condivido le sue idee ho grande stima di Cristofori. E mi manca tanto Maiocchi, un uomo che si dedicava davvero con il cuore a Segrate».
Chi non stima invece?
«Tanti. Dico Andreotti e Evangelisti».
E segratesi?
«Quattro o cinque, ma l’ho già detto direttamente a loro. Se vuoi conoscere davvero bene il politico prima devi conoscere l’uomo che c’è in lui».
Le squilla il telefono: è il sindaco Micheli che le chiede una mano...
«Gliela darei, come a qualsiasi sindaco, a patto che riguardasse davvero un interesse per la collettività».