2017-03-24

Nonostante sia appena tornato, non vede l’ora di ripartire. Giusto il tempo di rimettersi in sesto, incontrare gli amici e raccogliere un po’ di soldi. Stiamo parlando di padre Emilio Spinelli, missionario cernuschese del Pime, che da oltre 40 anni dedica la sua vita ai bisognosi del Terzo Mondo. Quelli del continente asiatico, in particolare del Bangladesh. Qui, nella diocesi di Rajshahi, il missionario è ripartito da zero dopo aver trascorso 25 anni a Chandpukur, un luogo che gli è rimasto nel cuore. «Non dimenticherò mai l’incanto della luna piena e luminosa che di notte si specchiava nel laghetto davanti alla mia finestra» racconta don Emilio. «Ricordo che, al mio arrivo, i villaggi erano appena stati devastati da una terribile alluvione, ma non leggevo disperazione nei volti delle persone. Stimo i bengalesi per tanti motivi, ma soprattutto per la loro serenità interiore, la capacità di accettare le cose per come vengono». Da una semplice casetta di fango, il missionario riuscì a costruire una chiesa e una scuola garantendo alla comunità locale, soprattutto alle minoranze tribali, una vita sempre più dignitosa. «L’educazione è al centro della missione, ma insegno anche a coltivare la terra e il riso. Senza contare gli oltre 100mila alberi piantati nel corso degli anni, da cui abbiamo ricavato la legna per cucinare o per costruire le panche della scuola». Interventi ben visti e apprezzati dagli abitanti dei villaggio e rivolti quasi sempre alle minoranze animiste che da sempre costituiscono la fetta più povera e con meno diritti. A subire ingiustizie, però, sono anche i cristiani e gli induisti che rappresentano la percentuale minore rispetto alla stragrande maggioranza dei musulmani. «Ho stretto delle splendide amicizie con loro, sono brave persone, ma può capitare che si impuntino su questioni religiose e di principio. Per esempio, anche se la legge prevede matrimoni misti, spesso i capi del villaggio remano contro. Tanti innocenti sono finiti in carcere». Alla domanda se sia possibile o meno intervenire in questi casi, padre Emilio risponde che lui e gli altri volontari sono ospiti e di conseguenza il rispetto delle usanze è d’obbligo, anche se doloroso. Un problema che esiste ovunque, anche a Bhutahara, la diocesi composta da una quarantina di villaggi, che da circa 10 anni è diventata la sua nuova casa. «A Chandpukur ero diventato una sorta di istituzione, mi stavo adagiando,  quel posto non aveva più bisogno di me e così decisi di trasferirmi e accogliere una nuova sfida» continua l’uomo di chiesa. «Ci sono ancora tante cose da fare, ma intanto la scuola è stata avviata e con l’aiuto delle suore seguo 400 bambini fino alle elementari: 250 vivono con noi e tutti possono continuare gli studi presso altre missioni, in città». Al centro dell’educazione, condivisione e responsabilità. «Due valori che, forse, noi occidentali abbiamo dimenticato. Non esiste il “non mi piace”, nemmeno per il cibo. Mangiamo carne una sola volta a settimana, per il resto frutta e verdura dell’orto, oltre al pesce che è l’alimento più diffuso, data l’enorme quantità d’acqua nel paese». Un altro servizio importante offerto alle comunità indigene è poi quello sanitario: con l’aiuto di alcuni dottori volontari che arrivano ciclicamente da Cernusco e dall’Italia, viene infatti garantita ai malati una prima assistenza. «Tutte le spese mediche sono a carico nostro, come del resto anche quelle per eventuale trasporto e soggiorno del malato nella capitale per il proseguimento delle cure. Senza contare i soldi per mandare avanti la scuola» spiega il missionario, sottolineando il fatto che l’opera si sostiene per lo più grazie alla generosità delle donazioni da parte dei cernuschesi. «In generale non è facile, considerando anche i recenti omicidi di stranieri ad opera dei terroristi islamici. Confesso di avere paura, ma la fiducia e l’ottimismo prevalgono sempre». Meglio allora pensare alla visita del Papa che dovrebbe raggiungere il Bangladesh il prossimo autunno, dopo la stagione delle piogge. «È il periodo migliore: il Paese rivela tutta la sua bellezza e puoi respirare quel senso di pace e libertà che lo hanno guidato verso l’indipendenza dal Pakistan, nel 1971», conclude padre Emilio, testimone di quel grande evento che cambiò le sorti del Bangladesh.
Francesca Lavezzari