2017-05-19

In uno studio a Redecesio lavora un professionista che negli anni si è dimostrato essere tra i migliori italiani nel suo campo. Parliamo di Alessandro Belli, disegnatore e regista di cartoni animati. Anche se il nome può non essere conosciuto a chi non è del settore, sicuramente però parole come Lupo Alberto fanno eco nella testa di moltissimi. «Io nasco disegnatore, e ho fatto tutta la gavetta necessaria per arrivare dove sono adesso», racconta Belli dal suo ufficio di via Milano. «Nel corso della mia carriera mi sono occupato di molte cose, dalle intercalazioni ai clean up, dai lay out alle scenografie, ma non sono mai stato un vero animatore». Sicuramente nomi come Guido Silvestri, in arte Silver, e Grazia Nidasio fanno ben intendere lo spessore delle persone con cui ha avuto il merito e il piacere di collaborare negli anni. Attualmente Belli sta lavorando a una serie animata che ha avuto grande successo, soprattutto durante le Olimpiadi di Londra 2012, e che riserva continuamente sorprese al giovane pubblico a cui è indirizzata. «Il cartone si chiama Spike Team ed è figlio di un’idea dell’ex pallavolista Andrea Lucchetta, grande uomo di sport ma soprattutto persona estremamente creativa», prosegue il regista segratese. Nella fiction sono narrate le avventure di una squadra di pallavolo femminile, composta da sei ragazze adolescenti provenienti da etnie diverse, che tra sport, storia e antiche leggende, come quella della città di Camelot e di mago Merlino, stanno già appassionando moltissimi bambini. Belli è entrato a far parte della produzione dalla seconda serie, aggiungendo al programma dettagli sportivi significativi e lineamenti caratteriali che avvicinano i personaggi agli spettatori e consentono di trattare temi importanti per la crescita di ogni ragazzo. «Quando mi hanno contattato per entrare nello staff di Spike Team ho dovuto scontrarmi con un mondo che non era il mio, ovvero quello della pallavolo», spiega il direttore artistico. «Per capirne i meccanismi ho iniziato a praticarla a livello amatoriale e a seguire le squadre di Segrate. Ovviamente è stata fondamentale la collaborazione con Lucchetta che, oltre a ricoprire il ruolo dell’allenatore Lucky nella serie, ha dato un contributo davvero sostanziale alla creazione della storia dimostrandosi un vero e proprio vulcano d’idee. Per non parlare poi di quanto ha investito in questo progetto, in termini di tempo e denaro, sacrificandosi per realizzarlo al meglio». Arriva poi il 2012 e con le Olimpiadi di Londra nelle quali, forse per la prima volta, si è cercato di dare alla parte della manifestazione dedicata agli atleti paralimpici la stessa importanza e visibilità riservata ai normodotati. «Io e Lucchetta avevamo lavorato a uno spin off di Spike Team in cui veniva trattato il tema della disabilità attraverso la storia del protagonista, un ex pilota rimasto in sedia a rotelle in seguito ad un grave incidente», rivela Belli. «È stato estremamente istruttivo servirmi dell’esperienza di un mio amico disabile per rendere quanto più realistiche possibili le vicende. All’inizio doveva essere un cortometraggio di poco più di venti minuti ma la versione finale, che è stata anche proiettata a casa Italia, si protrae fino a 44 minuti, rendendolo un medio metraggio». Il film, intitolato “Il sogno di Brent”, ha avuto un discreto successo e ha aperto la strada all’idea di portare all’interno di Spike Team una personalità sportiva che oggi può vantare una notorietà internazionale non indifferente: Bebe Vio. «Quando Andrea ha comunicato alla Rai che avremmo voluto introdurre Bebe nella serie, non abbiamo ricevuto di certo risposte entusiaste. Per fortuna il network ti permette comunque di lavorare in autonomia e senza pressioni, condizioni fantastiche per chi pratica questo mestiere. Quando poi l’atleta parolimpica è diventata il fenomeno mediatico che ora conosciamo non abbiamo più trovato ostacoli, e le ragazze dello Spike Team hanno potuto conoscere Bebe Vio di persona all’interno della storia». Le considerazioni di Belli sull’atleta veneta sono quelle che la seguono ovunque lei vada. «È una ragazza splendida sia dentro che fuori, ha insistito particolarmente perché sul volto del suo personaggio apparissero chiaramente le cicatrici che le ha lasciato la meningite», continua il regista. Il progetto procede dunque a gonfie vele, nonostante il budget non sia sempre all’altezza dei sogni degli addetti ai lavori e il programma venga trasmesso in fasce orarie discutibili. «L’importante è lavorare con chi condivide la stessa passione. Io e gli story boardisti con cui collaboro da molto tempo condividiamo idee e determinazione, e questo è fondamentale per il raggiungimento dei nostri obiettivi».
Mattia Rigodanza