Il consiglio comunale di Peschiera

Il capogruppo Mazzola, Parisotto, Galimberti, Capriglia, Baratella e Taidello scrivono una lettera aperta ai peschieresi lanciando un aut aut al sindaco Zambon: o stai con noi o con Nota. Nel secondo caso il tutti a casa è l'opzione più probabile

2015-03-30

È un ultimatum al sindaco quello che lanciano i sei consiglieri comunali del Pd che mercoledì scorso hanno abbandonato l’aula in segno di protesta. Non hanno parlato allora, quando il loro ammutinamento ha messo in difficoltà la giunta lasciando tutti senza parole, lo fanno oggi diramando un comunicato congiunto che pesa come un macigno per le sorti del governo Zambon a nemmeno un anno dall’insediamento. Le ultime righe della nota stampa, da sole, raccontano tutto e toccano il nocciolo della questione: il rapporto molto stretto tra il sindaco e i referenti di Nota (in particolare con l’assessore Wanda Buzzella e con il leader della civica, Silvio Chiapella) che seppur sconfitti dalle urne (in aula dei 10 consiglieri di maggioranza uno solo rappresenta la lista ex Base Democratica gli altri sono espressione del Pd), avrebbero tutto il potere decisionale. «Ci auguriamo che il nostro sindaco possa ricucire le ferite del gruppo e riuscire a governare la città con le persone che lo hanno fatto vincere» scrivono il capogruppo del Pd Moreno Mazzola, il presidente del consiglio comunale Antonella Parisotto, Roberto Galimberti (573 voti presonali raccolti alle amministrative 2014), Giancarlo Capriglia, Anna Baratella e Lorenzo Tadiello. «E basta guardare i numeri alle elezioni per capire da che parte stare. Ora tocca a te Luca, sai cosa fare». Un vero e proprio aut aut che mette il primo cittadino davanti a un bivio: o stai con noi (Pd) o con loro (Nota). Ma stare con loro vorrebbe dire la fine anticipata del governo, perché i voti in aula per andare avanti non ci sono, visto che la maggioranza è composta da 11 consiglieri (sindaco compreso). E a meno di ribaltoni o governi da fanta politica dalle larghissime intese con Forza Italia, Noi di Peschiera o M5S, il primo cittadindo non può fare a meno dei 6 voti democratici. Nel comunicato i sei esponenti del Pd si rivolgono ai peschieresi per spiegare come stanno le cose dal loro punto di vista. Una sorta di lettera di scuse perché il cambiamento evocato in campagna elettorale ancora non c’è stato: «Cari cittadini, consapevoli di aver compiuto un gesto eclatante, abbiamo ritenuto necessario evidenziare una problematica forte che riguarda la maggioranza dei consiglieri e assessori. Durante tutta la campagna elettorale ci siamo battuti per il rinnovamento, abbiamo cercato di lasciare alle spalle il pregiudizio credendo che il nostro giovane sindaco avrebbe potuto slegarsi fin da subito dai vecchi giochi della politica peschierese facendosi portavoce solo delle esigenze dei propri cittadini e ascoltando la squadra di consiglieri che lo hanno condotto al raggiungimento di uno straordinario risultato alle amministrative. Ci abbiamo messo la faccia, abbiamo cercato di far cambiare idea ai cittadini più scettici, quelli che credevano che non sarebbe cambiato nulla. Abbiamo messo a disposizione le nostre energie, il nostro cuore, la nostra passione per cambiare le sorti di questa città ma ad oggi nulla sembra essere cambiato». Quindi la replica diretta a Zambon che dopo il consiglio comuanle di mercoledì aveva definito la loro decisione di abbandonare l’aula da «irresponsabili». «Nei giorni successivi al consiglio comunale il nostro gesto è stato interpretato in maniera sbagliata. Siamo stati definiti irresponsabili. Coloro che ci muovono questa accusa devono sapere che siamo stati fin troppo responsabili. Dare una spiegazione alla nostra uscita pubblicando o leggendo in consiglio comunale tutte le lettere e le richieste che in questi primi 8 mesi di governo abbiamo inviato al nostro sindaco, senza ricevere alcuna risposta, lo avrebbe messo ancor più in difficoltà. Siamo stati definiti la minoranza. Purtroppo ci tocca contraddire anche coloro che ci definiscono in tal modo. In aula siamo 11 consiglieri di maggioranza (compreso il sindaco), 7 hanno sempre sottoscritto le lettere che gli abbiamo inviato, 6 sono usciti dall’aula. Quindi, se la matematica non è un’opinione, ci pare che qualcuno abbia fatto male i conti». L’attacco frontale al primo cittadino «che divide invece di unire» arriva a metà del comunicato: «Il nostro gesto è stato definito vile, ma non è così. Come già precisato, in questi 8 mesi di governo abbiamo fatto una serie di richieste a cui non è stato dato seguito. Luca Zambon sapeva ma ha preferito non ascoltare la sua squadra, ha preferito dividere piuttosto che unire. Quando ci sono i sintomi di una malattia, se non prendi le dovute precauzioni, la malattia si manifesta e questa malattia può essere curabile o incurabile. I cittadini hanno votato Luca Zambon e noi consiglieri, non altri soggetti che facciano le sue e le nostre veci. È bene precisare che noi siamo dalla parte dei cittadini e vogliamo lavorare nella massima trasparenza senza subire la presenza ingombrante di personaggi politici del passato che possano fare pressione e decidere per noi». Il nuovo corso del governo Zambon pare allora tracciato dalle sorti future del Pd che il 19 aprile va a congresso per eleggere il nuovo segretario cittadino dopo le dimissioni del sindaco ufficializzate martedì scorso. In aula consiliare, però, e alla fine sono questi i numeri che contano, votano le persone.