28 Maggio 2020

In questi mesi di difficoltà per tutti, i minori con disabilità ne hanno risentito davvero molto. A Cernusco, accanto a loro, si è però attivato il centro per l’infanzia Imparole che ha dato loro supporto anche se in streaming. Tra le operatrici c’è anche la cernuschese Evelyn Galgano che ci ha raccontato questa esperienza.

“Dopo il primo pensiero del “non si può più”, abbiamo realizzato che certo, questa condizione è disorientante e complicata per tutti, ma lo è ancora di più per chi vive già normalmente uno stato di fragilità. Che non è vero che questo virus è una livella che colpisce tutti allo stesso modo. La quarantena è stata meno dura per chi ha una casa più grande invece di un bilocale, più serena per chi ha dei soldi da parte e non deve lavorare anche solo per potersi permettere di fare la spesa. Allo stesso modo per chi ha una disabilità, fisica o mentale, o vive con una persona che ne è affetta, questa quarantena è stata (e sarà per chi la deve proseguire) molto più dura che per gli altri. Questa consapevolezza che riguarda sia in generale la società in cui viviamo, sia le persone di cui ci prendiamo cura ogni giorno, ci ha fatto capire che non potevamo semplicemente “chiudere tutto”. Con iniziative diverse, che vanno dalle terapie per i ragazzi a percorsi di sostegno psicologico ai caregiver, siamo rimasti insieme. La quarantena ha inizialmente sospeso tutto, poi col passare delle giornate abbiamo riattivato il supporto individuale e le terapie di gruppo a distanza, tutti dietro a uno schermo, ognuno al sicuro in casa propria, ma ancora vicini. In questa assurda e tragica situazione per queste famiglie la dimensione simbiotica rischia di essere schiacciante, e il sostegno di qualcuno che faccia sentire la possibilità di una condivisione, che permetta di pensare a un “dopo” possibile, è di vitale importanza. Una semplice videochiamata, sottolineo video perché per tenere viva la relazione, una telefonata non basta, può riattivare questa preziosa funzione, può ricordare che la capacità di fidarsi non è persa, ma può continuare a essere nutrita, e contenere il disorientamento e l’angoscia. Il lavoro di Imparole consiste in primo luogo nel comunicare che la relazione non si interrompe, anche a distanza, e che gli operatori continuano a esserci e ad essere disposti ad ascoltare. È una separazione, necessaria per tutelare la salute di tutti, non un abbandono: il legame rimane, solo lo esplichiamo diversamente, con una condivisione mediata, che d’altronde è la nostra metodologia. Mancheranno le strette di mano, ma continueranno ad esserci parole e silenzi, ascolto ed emozioni”.