15 Marzo 2013

Per quattro volte si è recata al pronto soccorso dell’ospedale Uboldo ed è sempre stata rimandata a casa con la stessa diagnosi: semplice cisti. I fatti risalgono al periodo che va dal 29 aprile al 3 settembre del 2009. Solamente una successiva visita al San Raffaele ha evidenziato che quella dolorosa tumefazione mammaria al seno destro in realtà era un carcinoma. L’operazione d’urgenza all’Humanitas di Rozzano è poi risultata vana perché il tumore oramai era troppo esteso. E il 14 novembre 2010 la protagonista di questo nuovo presunto caso di malasanità, Michela Pappalardo, all’epoca 35 anni, è deceduta. Lei stessa, poco prima di morire, ha presentato una denuncia nei confronti dei medici dell’ospedale, a seguito della quale la procura di Milano ha aperto un fascicolo per lesioni gravissime. Secondo la ricostruzione del sostituto procuratore, infatti, con una diagnosi tempestiva la donna avrebbe potuto evitare l’asportazione del seno destro e, probabilmente, avrebbero potuto anche continuare a vivere. Nei giorni scorsi il pubblico ministero Ferdinando Esposito ha chiuso le indagini. Per i quattro medici coinvolti l’accusa è pesante: omicidio colposo. Questa la motivazione: «Per imperizia e negligenza consistita nel non aver tempestivamente effettuato l’esame citologico del liquido aspirato dalla mammella (...) ritardavano di otto mesi la diagnosi precoce del carcinoma mammario». In pratica, se la presunta cisti fosse stata analizzata subito, la donna forse oggi sarebbe ancora viva.