24 Novembre 2022

RHO - Maxi blitz della Polizia di Stato che ha eseguito 49 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa nonché per il reato di intestazione fittizia di beni. Un’operazione che ha disarticolato l’intera piazza di spaccio, gestita dalla Locale di Rho ‘ndrangheta.
L’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Milano ha consentito di accertare come nel Comune, su cui in passato era presente una struttura territoriale di ‘ndrangheta, denominata appunto “Locale di Rho”, già riconosciuta come struttura di ‘ndrangheta nell’ambito di altra indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nel 2010 il cui promotore, un 74enne già condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso, una volta scontata la sua pena, ha nuovamente ricostituito, con la collaborazione dei membri della sua famiglia e di altri soggetti, la presenza dell’organizzazione mafiosa sul territorio.
Dalle indagini è emerso come l’uomo, beneficiando della misura alternativa al carcere della detenzione domiciliare ottenuta grazie alla falsificazione di documenti attestanti una sua presunta invalidità che lo avrebbe portato a muoversi su una sedia a rotelle, aveva ripreso il pieno controllo di Rho attraverso una serie di intimidazioni e atti di natura estorsiva consistenti nel far appiccare incendi ad autovetture, esercitare violenze fisiche e minacce, assicurandosi altresì il controllo dello spaccio di sostanza stupefacente. Il quadro emerso nel corso delle numerosissime intercettazioni è stato quello di una struttura mafiosa pervasiva, legata fortemente ai segni e ai simboli tipici dell’ndrangheta. Basti pensare che, in due circostanze, la polizia ha documentato l’acquisto e il posizionamento di una testa di maiale davanti all’abitazione di uno degli indagati come avvertimento, sia per farlo desistere dalle richieste di mantenimento economico sia da possibili intenti di collaborazione con la giustizia.