12 Maggio 2020

Solidarietà e mutualismo, responsabilità e condivisione: sono queste le caratteristiche che contraddistinguono le Brigate Volontarie per l’Emergenza, gruppi informali che, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, coordinati da Emergency, svolgono attività volte ad arginare l’abbandono e la povertà che il coronavirus ha messo ancor più in evidenza. Sviluppatesi a Milano, queste Brigate si stanno rapidamente diffondendo anche in provincia ed è notizia di qualche giorno fa la nascita della Brigata peschierese Lupo Rosso. A questo proposito abbiamo intervistato Shirin Reza Elahi, una delle giovani ragazze che hanno promosso questa iniziativa nella nostra città.    

Com’è nata la brigata peschierese?

“Fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus io e la mia vicina di casa, Ester Dazzo, abbiamo seguito l’iniziativa delle Brigate Volontarie per l’Emergenza di Milano. Ci incontravamo presso la rete che separa i nostri vialetti di casa e discutevamo di come poter intraprendere un’attività simile anche sul nostro territorio. Una volta riuniti i pezzi, abbiamo contattato altri ragazzi della zona che sapevamo fossero interessati e siamo partiti”.

Avete contattato solo ragazzi della vostra età o anche altre persone?

“A oggi siamo 17 giovani peschieresi, dai 19 ai 30 anni. È un gruppo molto eterogeneo, alcuni dei volontari si sono uniti a noi dopo aver sentito dell’iniziativa, nonostante non fossero già inseriti nell’ambiente del volontariato e della solidarietà”.

Che tipo di attività svolgete?

“Organizziamo collette alimentari nei condomini per poi poter confezionare dei sacchetti solidali di beni di prima necessità che consegniamo alle famiglie in stato di grave difficoltà economica. Facciamo anche spese a domicilio di alimentari e farmaci per le persone che non possono uscire di casa”.

E state ricevendo tante richieste?

“Non ci aspettavamo che le richieste dei pacchi alimentari fossero così numerose rispetto alle richieste di spesa a domicilio. Solo nella prima settimana ne abbiamo consegnati a più di trenta famiglie. Un numero che, considerando anche la scarsa visibilità iniziale, non è per niente irrilevante. Fortunatamente siamo subito riusciti a instaurare un rapporto di mutualità con le altre brigate che ci hanno supportato con rifornimenti delle derrate alimentari”.

E il rapporto con l’amministrazione, invece?

“Siamo in attesa di ricevere il patrocinio del Comune, ma sicuramente gli assessori interessati si sono dimostrati molto collaborativi e aperti alla nostra iniziativa. Un ringraziamento particolare lo dobbiamo al sindaco Caterina Molinari e all’assessore Antonella Parisotto, che si è spesa in prima persona per aiutarci a partire col progetto”.

E i cittadini, ringraziamo anche loro?

“Assolutamente sì”.

Come vi stanno aiutando?

“In linea generale la risposta delle persone al nostro progetto è stata molto positiva. Stiamo, infatti, riuscendo ad attivare molte più collette di condominio di quanto sperassimo. Nonostante siamo solo all’inizio, stiamo ricevendo anche abbastanza contributi in termini di donazioni monetarie tramite la nostra campagna crowdfunding, soldi che ci permetteranno di arrivare ad ancora più famiglie”.

Quindi credete che ci sarà ancora bisogno di voi anche in futuro?

“Certamente. Pensiamo che questa situazione di emergenza avrà delle conseguenze a lungo termine, soprattutto per quanto riguarda la parte della popolazione più fragile e quindi intendiamo portare avanti l’iniziativa finché sarà utile anche a una sola delle famiglie che assistiamo. Ci stiamo estendendo per coprire altri Comuni e ci siamo già attivati per fare rete con altre brigate della zona”.

Come mai avete scelto il nome Lupo Rosso?

“Volevamo anche noi, come le altre brigate, dedicare il nome del nostro gruppo a un partigiano. Lupo Rosso era il nome di battaglia di mio nonno. E dare valore a un partigiano non propriamente famoso ci è sembrata una cosa giusta da fare, in quanto pensiamo che sia proprio con il contributo di ogni singolo, dal basso, che si arriva all’azione unitaria”.

Mattia Rigodanza