26 Ottobre 2020

Tornare a teatro dopo tanto tempo è un vero piacere della vita e farlo al De Sica, nella cornice allestita da Oltheatre, è addirittura magico. Dopo mesi convulsi e attività ridotte all’osso, sul palcoscenico più importante di Peschiera sono tornati i monologhi della rassegna “Fatti di storia” di Davide Verazzani, che questa volta ci ha portato alla scoperta di uno dei personaggi più influenti della storia italiana recente con lo spettacolo “Chi ha paura di Enrico Mattei?”. Nata da un’idea del sindaco Caterina Molinari, la rappresentazione teatrale ha presentato un ritmo incalzante e si è avvalso di un supporto tecnico di grande pregio. Tra un sottofondo jazz, una scenografia tra il minimale e il pop, e stacchi musicali che hanno ricordato la Dolce Vita, Verazzani ha trasformato la storia in commedia e ha catapultato lo spettatore in un contesto lontano facendolo apparire tremendamente attuale. D’altronde, la vita di Mattei si presta molto bene alla messa in scena di un dramma dei nostri tempi. Dai margini di una stagione politica complessa a organizzatore delle attività partigiane, da imprenditore di successo a pragmatico stratega vicino alla Democrazia Cristiana, Mattei era amico di tutti e di nessuno, un uomo in grado di essere sempre al posto giusto al momento giusto. Liquidatore di Agip sotto mandato del Comitato di Liberazione Nazionale, il protagonista della storia fu uno strenuo oppositore delle politiche estrattive americane, dando vita a un progetto che rappresenta uno dei pochi sprazzi di coraggio in un periodo di prostrazione e inchini dinnanzi alla potenza vincitrice della Seconda guerra mondiale. Si parla di quel miracolo economico figlio di scelte poco trasparenti, di combutte di palazzo, di saggezza contadina, di uomini del loro tempo che oggi appaiono così lontani da noi. La trama si snoda partendo dalla prima febbre dell’oro nero fino alla nascita di Eni, colosso dell’energia fossile e orgoglio imprenditoriale nel mondo, e al concepimento di Metanopoli, avanguardia dell’urbanistica industriale. L’unica nota negativa è rappresentata da una scomposta incensazione della stessa multinazionale degli idrocarburi, raffigurata come il fido destriero di un eroe cavalleresco. In tempi di mobilitazioni ambientali su scala globale e di green new deal, portare sull’altare della patria un’azienda simbolo di un modello di sviluppo tanto nocivo quanto obsoleto è risultato per lo meno stridente. Finale pirotecnico che narra della nebulosa fine di un uomo che, con tutte le sue contraddizioni, ha comunque fatto la storia della nostra penisola. Anche se le nuove direttive governative hanno deciso di chiudere di nuovo i teatri, aspettiamo lo stesso con ansia la prossima fatica di Verazzani in collaborazione con Oltheatre, confidando che il De Sica torni a riempirsi come ha fatto in questa occasione e che gli autori si spendano in tematiche che abbiano un impatto sociale più costruttivo per il futuro nostro e del nostro pianeta.

Mattia Rigodanza