04 Giugno 2021

Ci siamo, sono riprese le attività del Bkp Pioltello. Per chi non lo sapesse, si tratta di una vera e propria disciplina sportiva riconosciuta a livello nazionale. L’Eisi, Ente italiano sport inclusivi, organizza tornei e campionati in tutta la penisola, con un regolamento specifico che permette a tutti di praticare questo sport. «Questa disciplina prende spunto dal basket e lo riadatta in modo che tutti possano partecipare», spiega, l’allenatrice della squadra Debora Scolaro. «Normodotati, disabili, anziani, giovanissimi e persino chi non possiede alcuna capacità motoria: le formazioni che praticano questo sport sono le più eterogenee in assoluto. Il campo, in primis, presenta sei canestri e quattro diverse aree di tiro, in modo da poter andare incontro alle esigenze di ognuno. Come dicevo non c’è limite di età, ma solo tre diverse categorie. A Pioltello abbiamo una squadra senior composta da uomini e donne di età maggiore di 14 anni. Nello specifico, questo sport riadatta le regole della pallacanestro alle capacità di chi è in campo. Esistono, infatti, ruoli specifici per normodotati, per chi non ha mai giocato, per chi presenta disabilità cognitive e per chi ha impacci motori o ha difficoltà di movimento. Ovviamente ci sono anche delle forme di tutela. Infatti, ci si può marcare solo tra pari, tra chi ha lo stesso livello di abilità».
Se i giochi olimpici speciali prevedono un minimo di capacità motoria, il baskin permette anche a chi non può muoversi di rapportarsi in autonomia con gli altri. «L’idea che sta alla base di questa disciplina è proprio quella di far partecipare tutti in modo attivo, restituendo dignità attraverso l’inclusione, superando il mero assistenzialismo», continua l’allenatrice. «Io nasco come educatrice e partecipo alle attività della squadra da circa tre anni. Da quasi un mese, dopo un lungo periodo di stop, abbiamo ripreso ad allenarci nella palestra scolastica di via Milano. Ovviamente le difficoltà sono tante, perché anche se adesso i giocatori sono tutti vaccinati in quanto soggetti fragili, proprio queste stesse fragilità ci hanno impedito di avere contatti per molto tempo. Ora invece lo spirito è alto, ho subito visto che tra i compagni di squadra c’è voglia di aiutarsi, di crescere insieme nell’autonomia individuale e collettiva. È proprio questo che vogliamo: dare modo a ognuno di sperimentare, di conoscere le proprie possibilità. Poi chiaramente c’è la parte relazionale che gioca un ruolo importante. Gli stessi genitori si accorgono di come i figli superino le barriere che la società mette loro davanti».
Nonostante il baskin si sia diffuso in tutta Italia negli ultimi tre anni, c’è ancora molto da fare. «Le persone devono capire che questo non è uno sport per disabili», conclude Scolaro. «Qui tutti aiutano tutti. Anche chi ha ogni capacità cognitiva e motoria può divertirsi e allenarsi fisicamente. L’unica differenza con una disciplina sportiva convenzionale è che qui si fa un passo verso l’inclusione, non ci si accontenta dell’integrazione. E un passo in questa direzione è sicuramente un passo avanti per tutta la società».
Mattia Rigodanza