11 Settembre 2020

Esattamente come cinque anni fa, la Lega Federalisti Segrate ha deciso di correre da sola alle amministrative in programma il 20 e il 21 settembre. E il suo candidato sindaco sarà ancora Claudio Viganò, che sta ricoprendo il ruolo di presidente del consiglio comunale all’interno dell’attuale maggioranza di governo.

Partiamo proprio da qui: come mai la scelta di correre ancora da soli?

«È una questione di identità, il mio elettorato non è di sinistra. Ho rispetto per la coalizione che appoggerà l’attuale sindaco, Paolo Micheli, ma io non sono per le grandi ammucchiate. E poi ho un’idea personale di amministrazione pubblica: i programmi possono essere anche condivisi, ma dipende tutto da come si attuano».

Prima del lockdown, però, avevate lavorato a un progetto che comprendeva cinque liste civiche, poi naufragato. Come mai?

«È fallito proprio perché le liste civiche erano tante e qualcuno ha spinto per portare all’interno della coalizione anche Forza Italia. A quel punto si andava contro la logica del civismo e noi ci siamo tirati fuori. E, comunque, il progetto è naufragato anche senza di noi».

Però avevate già sottoscritto, e ufficializzato, un documento che vi diceva d’accordo sul fatto che gli azzurri entrassero nella coalizione…

«Vero, ma dovevano scrollarsi di dosso il nome di Forza Italia. Erano loro che entravano nella nostra coalizione, assumendo una matrice civica, invece hanno fin da subito provato a fare da traino per un accordo che comprendeva l’intero centrodestra, e questo non poteva andarci bene».

Accordo tentato anche a livello regionale e nazionale, fallito perché la Lega Segrate si è messa di traverso...

«Relativamente. Nel senso che anche il carroccio locale ha rinunciato al suo candidato, Terry Schiavo, ed è stato costretto ad appoggiare quello di Fratelli d’Italia, Luca Sirtori, di fatto piegandosi alle logiche di partito a livelli più alti».

Cambiamo argomento: di cosa avrà bisogno Segrate nei prossimi 5 anni?

«È complicato rispondere. Come per tutti gli altri Comuni, saranno 5 anni di lacrime e sangue. La crisi legata all’emergenza Covid ci mette in ginocchio e Segrate esce già da 5 anni di difficoltà, legati al predissesto. A livello urbanistico si è bloccato tutto e anche Westfield, che si è messa in pausa a causa del covid, non lascia presagire nulla di buono, anche se gli impegni già presi li rispetteranno. Il problema è che abbiamo bisogno di occupazione e se il progetto si arena sarà tutto più difficile».

Da commerciante, che idee ha per rilanciare il settore?

«È il primo punto del nostro programma. Il commercio ha subìto la prima decisiva botta dall’amministrazione Alessandrini. L’assetto viabilistico da lui voluto ha messo in ginocchio i negozi di Segrate centro, per non parlare dell’apertura dei centri commerciali. Ci vogliono iniziative concrete per rilanciare il settore, a partire da uno sportello specifico che stia accanto a tutti quei negozianti che non siano in grado di avvicinarsi alle nuove forme di vendita come l’e-commerce. Ma questo sportello va creato in tempi rapidissimi».

Nei programmi ora tutti inseriscono il rispetto del verde. Voi come vi ponete?

«Innanzitutto Segrate non ha più un metro quadrato di suolo edificabile e questo è un vantaggio. E poi c’è da fare un distinguo tra il verde urbanizzato, che ha un costo esagerato alla voce manutenzione con la spesa corrente che va in tilt, e il verde agricolo che, secondo noi, ha pari dignità e va salvaguardato».

Cosa non l’ha convinta dell’attuale amministrazione?

«Premetto che con il senno del poi è facile parlare. Detto questo, direi il poco tempo dedicato al Pgt, quando invece serviva forse una visione più accurata. E poi la gestione dei mutui. In una situazione così precaria, spendere 18 milioni per estinguerli mi è sembrata una scelta eccessiva. Il principio scelto dall’assessore Stanca è rispettabile, ma io avrei tenuto un po’ di liquidità disponibile per altre problematiche, dilazionando la loro estinzione».

Cosa, invece, l’ha convinta?

«L’inversione di marcia rispetto alla precedente amministrazione. Ha riportato i segratesi sulla terra. Si sono poste le basi per programmare concretamente il futuro, partendo dalle vere forze che il Comune ha».

L’aver posticipato il voto a settembre, a causa dell’emergenza sanitaria, secondo lei può aver favorito qualcuno?

«Credo che se si fosse votato a giugno Micheli avrebbe potuto perdere, non per demeriti quanto per alcune scelte che ha preso, tanto necessarie quanto impopolari. Il covid l’ha messo nelle condizioni di operare e al tempo stesso ha ridotto il tempo degli altri candidati per fare campagna elettorale».

Come giudica la gestione dell’emergenza sanitaria?

«In linea con gli altri Comuni, senza scordare che Segrate ha vissuto quei mesi con maggiore apprensione anche per la vicinanza del San Raffaele, da cui arrivavano numeri spaventosi».

In una competizione si corre sempre per raggiungere un obiettivo. Il vostro qual è?

«Non mettiamo limiti alla provvidenza. Partiamo con la consapevolezza delle nostre idee, altrimenti non ci saremmo nemmeno presentati. Poi, obiettivamente, sappiamo che altri candidati hanno una visibilità superiore alla mia, visti i cartelli nazionali che li supportano».

Quindi, obiettivamente, puntate a cosa?

«A portare una forza in consiglio comunale che possa essere tranquillamente determinante. Non esiste solo la figura del sindaco. Ad esempio, il ruolo che ho ricoperto io in questi cinque anni, in cui ho tenuto tutto sotto controllo, a vantaggio dei cittadini».

Se non andrete al ballottaggio, darete indicazione di voto?

«È d’obbligo. Sulla base dei programmi, e dopo esserci consultati con tutti gli esponenti della lista, daremo un orientamento».

Martedì 22 settembre inizierà lo spoglio. Lei si alzerà e…?

«Sarò sereno, senza alcun patema d’animo, e valuterò come sono andate le elezioni. È il bello della democrazia».