28 Novembre 2022

In occasione del mese dello spazio, la biblioteca e l’associazione Physical Pub hanno organizzato al centro civico Verdi la rassegna Futura, un ciclo di conferenze gratuite con l’obiettivo di trascinare il pubblico, almeno per una serata a settimana, in un’altra galassia. La prima si è tenuta il 10 novembre, la seconda lo scorso giovedì 17, mentre la terza e ultima ha avuto luogo proprio ieri sera. La presentatrice, Marta Turrini, ha aperto ogni serata con un ringraziamento speciale all’assessorato della città di Segrate, per l’impegno a mantenere un intero edificio dedicato alla cultura. Ma perché è così importante avere uno spazio per questo? E perché proprio per parlare di temi che sembrerebbero distanti, come quelli di astrofisica? Per cercare di capirlo meglio, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Simone Iovenitti, astrofisico nonché presidente di Physical Pub e relatore della seconda serata di questo mese dello spazio, intitolata “The WOW side of the moon”. La conferenza era volta a raccontare il nostro satellite e la storia della sua esplorazione, che sta culminando oggi con Artemis, spedizione lanciata proprio il 16 novembre con l’obiettivo di riportare l’uomo stabilmente sulla Luna, ma solo come tappa in rotta per Marte.
Innanzitutto, come è nata la tua passione per la fisica?
«Sin dal liceo le materie scientifiche mi appassionavano e quando è stato il momento di scegliere l’università, sono andato un po’ per esclusione: volevo qualcosa che avesse un lato teorico ma al contempo un’applicazione pratica e questa era la soluzione migliore. In seguito, mi sono specializzato in astrofisica, perché era la branca più interessante».
Di che cosa ti occupi ora?
«In questo momento sto lavorando alla calibrazione del telescopio Astri, per un progetto a conduzione dell’Istituto nazionale di astrofisica. Come ricercatore, conosco infatti i modelli teorici necessari per questo lavoro e mi occupo di materie inerenti, tra cui lo studio dei raggi gamma, e delle loro ricadute per il progresso dell’umanità intera».
Invece, la passione per la divulgazione come è nata?
«La motivazione più personale è che mi sono accorto, nel tempo, che solo spiegando una cosa agli altri la capisco fino in fondo, anzi, è solo raccontandola che spesso ho occasione di approfondirla sempre di più. Quindi, è innanzitutto qualcosa che fa bene a me. Da un punto di vista oggettivo, invece, credo che venga naturale, quando si scopre qualcosa di bello, volerlo condividere con gli altri».
Perché studiare lo spazio?
«In primo luogo, lo studiamo perché non possiamo fare altrimenti: la rotta verso lo spazio è quasi una direzione obbligata che stiamo prendendo in quanto specie umana. Come nel ‘400 è stato inevitabile che Colombo scoprisse le Americhe, perché se non lo avesse fatto lui qualcun altro ci sarebbe sicuramente arrivato poco dopo, così adesso il luogo naturale verso cui tendono i nostri sforzi conoscitivi è lo spazio. Sicuramente dobbiamo preservare il nostro pianeta, ma non c’è nulla di più spontaneo che pensare nuove traiettorie per il futuro. I motivi per cui poi dobbiamo studiarle vengono di conseguenza: per viaggiare nello spazio bisogna conoscere gli effetti che quest’ultimo può avere sul nostro organismo».
E perché parlarne?
«Affinché lo studio di queste materie progredisca e interessi anche le nuove generazioni, che sono quelle che riusciranno poi a portarlo avanti. Lo spazio è, in fin dei conti, un obiettivo condiviso, quindi è anche bello e giusto che se ne parli. Inoltre, spesso i progetti sono finanziati da fondi statali e rientrano nella terza missione degli enti di ricerca, per cui si sente un dovere di informare la popolazione circa gli investimenti del Paese nella cultura. Oltre a questo, la divulgazione ha un’utilità per le persone. Io sono convinto che rapportarsi con questi grandi temi cambi in qualche modo anche la vita quotidiana: cambiare la scala con cui si misura il proprio mondo e prendere atto che ci troviamo su uno dei tanti pianeti in una delle tante galassie ci ridimensiona».
Durante la conferenza, hai menzionato il fatto che ci troviamo in un momento epocale per la storia dell’umanità. Perché?
«Questo periodo può essere definito una nuova corsa allo spazio, analoga a quella del secolo scorso, ma ancora più ambiziosa, perché si sono resi disponibili nuovi fondi privati e nuove tecnologie e sono emerse nuove domande scientifiche. In questo momento la prospettiva di viaggi intergalattici, oltre a essere molto vicina alla realtà nella teoria e nella pratica, sia anche culturalmente più accessibile che in passato. In primo luogo perché si tratta di una possibilità affascinante per tutti e in secondo luogo perché, come dicevamo prima, ora tanti fattori spingono l’umanità verso lo spazio. In futuro si parlerà della missione Artemis nei libri di storia e ai documentari in tv: noi siamo vivi qui e oggi, nel mezzo di un’epocale rivoluzione, per cui non c’è momento più opportuno per seguirla».
E tu, viaggeresti nello spazio?
«Se potessi esprimere un desiderio personale sarebbe assolutamente di vedere la Terra da fuori e provare la sensazione di essere sospesi nel vuoto. La vita su questo pianeta è la nostra verità, ma non è la verità assoluta e sarebbe straordinario potere abbandonare questa prospettiva, almeno per poco. È un fatto psicologico studiato, si chiama “wow effect” e lo provano tutti gli astronauti: una volta che vedi il mondo da fuori, non riesci più a tornare indietro».
Chiara Valnegri