06 Maggio 2022

Un concerto all’insegna del rock quello della storica band milanese dei Ritmo Tribale, tenutosi il 23 aprile al Legend di Milano, il primo dopo numerosi tentativi avanzati negli ultimi due anni, tutti abortiti a causa del covid. I membri del gruppo, infatti, non si sono arresi e hanno voluto portare avanti la loro idea di musica, aspettando che i tempi fossero migliori per potere suonare un concerto dal vivo con tutti i crismi.

La calorosa reazione del pubblico è valsa la pena dell’attesa, come raccontano due dei tre  esponenti sanfelicini della band, il bassista Andrea Filipazzi e il chitarrista e cantante Andrea Scaglia (altro ex sanfelicino doc  il batterista Alex Marcheschi). «Durante il 2020 abbiamo fatto uscire il nostro ultimo album» spiega Filipazzi, «ma ci trovavamo in pieno lockdown e non abbiamo mai avuto occasione di proporre le canzoni live, perciò questo concerto era attesissimo e noi non vedevamo l’ora di dare di nuovo vita alla nostra musica». A oggi, infatti, il gruppo suona solo per passione, mentre in passato si era trattata di una vera e propria professione. Le origini di questa storica compagine risalgono al 1984, quando un’amicizia nata tra i banchi delle superiori, quella tra Fabrizio Rioda, Luca Accardi, Alessandro Zerilli e Stefano Edda, li porta a sviluppare insieme il loro principale interesse: la musica. Subito dopo, si uniscono anche Andrea Scaglia e Alex Marcheschi, mentre a distanza di pochi anni, precisamente nel 1988, Filipazzi subentra a Zerilli al basso. Ed è proprio il bassista a proseguire nel racconto: «Io e Andrea ci conosciamo sin da bambini, essendo cresciuti insieme a San Felice. All’inizio siamo rimasti fuori dall’ambiente perché non eravamo di Milano e al massimo suonavamo nella mansarda di un amico. In un secondo momento abbiamo preso più conoscenza con il mondo della musica alternativa e così ci siamo uniti ai Ritmo».

Il gruppo ha quindi iniziato la sua gavetta, con una serie di spettacoli negli ambienti rock alternativi della città, come il centro sociale Virus, per poi acquisire una discreta fama, che gli ha consentito di portare la propria musica in altre città d’Italia e all’estero.

Scaglia, ricordando i tempi passati, commenta: «Prima dovevamo preoccuparci di inserire gli altri impegni nelle pause dalla musica, perché era un lavoro che aveva ritmi serrati, mentre ora è il contrario: cerchiamo sempre di trovare il tempo per incontrarci e suonare, anche perché siamo grandi amici, ma le priorità sono cambiate e accanto a questa, che rimane una passione, al primo posto ci sono la famiglia e il lavoro».

Entrambi i musicisti sottolineano però che il rock è un’attitudine, le cui tracce sono per forza rimaste, precisando che nessuno di loro sarebbe riuscito a fare un mestiere di cui non fosse appassionato, dopo tutti quegli anni a suonare per i locali. I membri della band, dopo il concerto al Rolling Stone di Milano del 2002, hanno deciso di fermarsi. Una “ritirata strategica” come loro stessi l’hanno definita. Si sono, infatti, resi conto che era giunto il momento per riordinare le proprie vite e dedicarsi ad altri obiettivi, senza tuttavia rinunciare né alla musica né alla loro amicizia. In seguito, ci sono stati altri eventi e dischi, ma con uno spirito diverso, che è poi quello di suonare per mero divertimento.

Se sia stato meglio così è una domanda cui entrambi rispondono allo stesso modo. «Si è trattato di una transizione fisiologica» dichiara Filipazzi, «e non sarebbe potuta andare diversamente: abbiamo sempre fatto le scelte più coerenti con il momento della vita in cui ci trovavamo, di volta in volta». E Scaglia aggiunge: «Non abbiamo alcuna recriminazione, perché siamo molto felici di quello che abbiamo realizzato e di dove le nostre vite sono arrivate. Inoltre, ora che la musica non è più un lavoro, ma un modo per staccare dal lavoro stesso, possiamo viverla con più serenità».

I membri dei Ritmo Tribale, a questo proposito, hanno rinunciato con piacere ad alcuni degli aspetti più spinosi dell’industria musicale, come quello promozionale, e ricordano ancora la difficoltà degli esordi, per attirare l’attenzione delle case discografiche. Infatti, solo a partire dall’88 con il suo primo disco “Bocca chiusa” la band ha avviato la sua carriera professionale, con i relativi alti e bassi. «Fare musica è meglio di tanti altri mestieri» precisa Filipazzi, «ma lo stress rimane tanto ed è bello che ora si sia allentata la tensione».

La recente raccolta del 2007 “Uomini 1988-2000” aveva già ottenuto un buon successo, ma dopo l’ultimo concerto si può davvero dire che il gruppo gode ancora dell’amore dei suoi fan. E lo conferma Scaglia: «Non ci aspettavamo un riscontro simile, perché la gente è venuta anche da città lontane e si sono aggiunti gli ascoltatori delle nuove generazioni, che ci ascoltano con i genitori: è stato veramente emozionante».

Circa la possibilità di una replica in futuro, entrambi confermano che dovesse esserci l’occasione, la voglia non mancherà, e il cantante si lascia sfuggire che potrebbe succedere già a giugno. Dita incrociate allora per tante altre serate nel nome del rock.

Chiara Valnegri