16 Giugno 2020

Parla segratese il gruppo di ricerca che nei giorni scorsi  hanno identificato il biomarcatore che può predire, paziente per paziente e prima dell’intervento chirurgico, il rischio di occlusione del bypass aortocoronarico impiantato, fornendo al cardiochirurgo lo strumento per ottimizzare la terapia farmacologica e quindi il risultato dell’operazione. A capo dell’equipe medica dell’unità di Biologia cellulare e molecolare del centro cardiologico Monzino che ha fatto questa scoperta troviamo infatti la professoressa Marina Camera, nostra concittadina. Uno studio che è stato perfino pubblicato sulla prestigiosa rivista JACC “Journal of the American College of Cardiology”. 

«L’occlusione del bypass a un anno dalla chirurgia si verifica in circa il 20-25% dei pazienti, malgrado l’assunzione della terapia antiaggregante piastrinica a base di aspirina. Il problema» spiega la professoressa Camera «è capire in anticipo chi appartiene a quella percentuale, per poter eventualmente somministrare una doppia terapia antiaggregante. Sappiamo infatti da studi recenti che somministrare più di un antiaggregante piastrinico, generalmente due, è più efficace nel prevenire la chiusura del bypass, anche se ciò potrebbe esporre maggiormente il paziente al rischio di sanguinamento. Questi farmaci pertanto non devono essere somministrati a tutti indiscriminatamente, il loro impiego gioverebbe di un approccio personalizzato. In questo studio mostriamo come sia possibile “pesare” il rischio di occlusione del bypass aortocoronarico attraverso lo studio delle microvescicole, un’area di ricerca di grandissimo interesse biologico e fisiopatologico, che è valsa il Nobel per la medicina nel 2013 a due scienziati americani, James Rothman e Randy Schekman, e a un tedesco Thomas Sudhof». I risultati della ricerca mostrano che, a parità di fattori di rischio, i pazienti con bypass occluso avevano un numero da 2 a 4 volte superiore del nuovo biomarcatore, cioè la firma molecolare di microvescicole, oltre ad una maggiore capacità coaugulante rispetto ai pazienti con bypass pervio.