14 Dicembre 2018

Si trovano in Italia da diversi anni con lo status di rifugiato per motivi umanitari. Hanno imparato il mestiere del giardiniere e da qualche tempo collaborano con la cooperativa Multiservizi, ma in primavera il loro permesso scadrà e, in base al Decreto Sicurezza del ministro degli Interni, Matteo Salvini, se non verrà convertito in permesso di lavoro saranno costretti a lasciare l’Italia. Loro sono Amadou, 25enne del Gambia, Domingo, 29enne della Guinea Bissau e Daniele, 32enne del Togo. «Sono ragazzi che hanno voglia di imparare» racconta Mimmo Leo, responsabile della Multiservizi. «Abbiamo insegnato loro un lavoro, ma anche il rispetto delle regole, la puntualità e una serie di comportamenti che hanno recepito subito. Se in primavera li rimandiamo indietro sarà un po’ come averli presi in giro e averli illusi. Oltre al fatto che esiste un progetto per il loro inserimento che così fallirebbe». Lontano da noi il volere entrare nella diatriba politica se il decreto in questione sia giusto o meno. Abbiamo solo voluto ascoltare la loro storia per capire meglio chi sono queste persone che vediamo tutti i giorni prendersi cura del verde cittadino. Ragazzi che magari pensiamo oramai avere delle certezze in Italia e che, invece, hanno preoccupazioni enormi, ma non per questo rallentano i ritmi del loro lavoro di 39 ore settimanali per 600 euro al mese, la maggior parte dei quali inviati immediatamente al loro Paese d’origine. «A maggio sono 4 anni che vivo in Italia» racconta Amadou (foto 1), di religione musulmana. «Sono arrivato a Lampedusa su un barcone dopo un viaggio estenuante e dopo un giorno sono stato trasferito a Milano. Ho un permesso per motivi umanitari e sono fuggito dalla dittatura che c’era in Gambia, dove ci sono ancora mio fratello e mia sorella. E ora ho paura di doverci tornare. Sono molto preoccupato: devo trovare un contratto con una busta paga per trasformare il mio permesso e potere rimanere. In passato ho lavorato a Cascina Biblioteca, a San Giuliano. Attualmente dormo nella Casa Accoglienza di viale Ortles». Domingo (foto 2) invece cerca di essere più ottimista: «Sono in Italia da 2 anni e 4 mesi. Ho raggiunto la Libia, da dove mi sono imbarcato, dopo avere attraversato in pullman il Senegal, il Mali, il Burkina Faso e il Niger. Un viaggio di 4 mesi. Sono scappato perché c’era la guerra e perché mi volevano ammazzare. Non posso tornare, ho paura, là mi stanno aspettando». Domingo dorme nel centro accoglienza e tutte le mattina raggiunge puntuale Segrate con una bici regalatagli da Mimmo Leo. «Ho fatto il meccanico, ma mi piace anche fare il giardiniere», aggiunge sorridendo. «Io voglio solo lavorare. Sono cattolico, ma al centro ho conosciuto tanti musulmani con cui vado d’accordo. Non è vero che non è possibile». E infine Daniele (foto 3), sicuramente il più spaventato: «In Togo ho moglie e figli, ma sono costretto a sentirli solo al telefono. Nel mio Paese c’è la guerra, continua a morire gente, e al potere c’è una forza politica contraria al mio credo. Sono dovuto fuggire perché sono stato perseguitato e volevano uccidermi. Sono molto preoccupato, se non mi rinnovano il permesso per motivi umanitari cosa faccio?».