08 Aprile 2022

Un gran successo per Fermata Sanfe con il suo primo incontro del ciclo “Confronto vivo”, tenutosi nei giorni scorsi al cineteatro di San Felice. Fermata giovani artisti sta infatti perseguendo il proprio progetto di instaurare un dialogo libero con tutta la cittadinanza e in modo particolare con i giovani su temi attuali, con l’ausilio di voci esperte. Questa volta è toccato a Nello Scavo, inviato di guerra per Avvenire, e Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiana, affrontare un argomento molto tanto sentito quanto delicato: il conflitto russo-ucraino.
A fare gli onori di casa, Donato Loiacono e Kim BeomJun, che hanno rimarcato la volontà di promuovere uno spazio di condivisione scevro da partitismi, mentre don Paolo, parroco di San Felice, ha sottolineato la disponibilità ad aprire i locali parrocchiali in favore del confronto su temi tanto importanti. L’evento ha visto la mediazione di Antonella Mariani, caporedattrice di Avvenire, che ha gestito anche le domande fatte dagli ospiti delle associazioni del territorio e dai ragazzi del liceo Machiavelli, numerosi in platea, oltre agli intervalli, occupati dalle esibizioni di Stefano Sirtori sulle note di “La guerra di Piero” e Francesco Manno con la sua “Ragazzo soldato”.
Nello Scavo si è subito scusato per la tosse persistente, causata dalla vicinanza forzata al kerosene proprio mentre si trovava a Kiev, nei giorni precedenti, per documentare la guerra che sta tuttora mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina. «Sono arrivato lì il 20 febbraio», racconta, «perché si sapeva che ci sarebbe stato tumulto in quelle zone, mentre ancora non ci si aspettavano veri e propri attacchi armati sulla città, ma io e altri abbiamo deciso di rimanere e alla fine si è rivelata un’intuizione giusta». Quindi, la dichiarazione di guerra di Putin nella notte tra il 24 e il 25 febbraio e l’esplosione delle prime bombe sulla città. Il giornalista ha ricordato l’immediata trasformazione della metropoli verso il caos, con le auto della polizia che circolavano utilizzando coni di plastica per avvisare la popolazione dell’imminente scatenarsi della forza armata russa. «Un evento simile è per forza traumatico, perché è impossibile esserci abituati o arrivarci preparati e non si conosce mai davvero come inizia una guerra: le immaginiamo sempre crescere piano, ma non si vede mai il passaggio brusco dalla pace ai missili».
Il giornalista ha ricordato tutte le foto che sono circolate attraverso il web e che ormai si può dire facciano a pieno titolo parte di una memoria collettiva. La fila ai supermercati, alle farmacie, ai benzinai e la coda di auto in fuga nelle strade appartengono infatti a quello che lo stesso Scavo ha chiamato «un lessico di violenza entrato facilmente nelle abitudini del conflitto». In questa prospettiva, ha ammesso di intravedere il rischio insito in ogni guerra, che gli strascichi dell’odio proseguiranno negli anni e si facciano spazio tra le motivazioni dei più giovani, cristallizzando una situazione di astio che potrà solo favorire la recrudescenza del conflitto in un futuro neanche troppo remoto.
«I giorni successivi allo scoppio delle prime bombe gli ucraini rispondevano agli attacchi al grido “noi odiamo Putin”, invece oggi i soldati urlano “noi odiamo il popolo russo”. È uno spostamento di prospettiva significativo, che fa pensare che si impiegheranno anni a ricucire i rapporti tra questi popoli». Dopo la narrazione dei fatti, è stato il tempo delle domande dei membri delle associazioni che collaborano con Fga. Tra queste, la rivista Scomodo, la Brigata volontaria lupo rosso di Peschiera, Spaziogiovani Martesana, Orizzonte Peschiera, Giovani delle Acli Milano, Centro giovani Cosmo, Mas Rodano, Ecologia politica e Sando calling.
Gualzetti ha colto l’occasione per sottolineare il ruolo dei Paesi non coinvolti nel conflitto nell’ambito dell’assistenza: «Due sono le necessità che questa guerra ha amplificato e si tratta per noi di ragionare sulla nostra cultura dell’accoglienza, affinché non sia più inquinata da pregiudizi e preferenze, e di rivedere la nostra cultura dell’emergenza, perché non deve ripetersi l’impreparazione dei giorni passati né la facilità a lasciarsi trascinare dalle emozioni, anche solo quando si leggono le notizie». Soprattutto,  ha ribadito il rischio in cui tutti i popoli possono incappare, di farsi conquistare dalle retoriche di creazione del nemico. Scavo si è accodato a questo monito, ricordando di diffidare dall’informazione che gioca solo sulla chiave del sentimento, perché «la responsabilità del giornalista è solo di raccontare, non di emettere giudizi». Al termine della serata, quando è stata chiesta loro un’opinione sulla guerra, entrambi hanno condannato ogni forma di violenza e Gualzetti ha precisato che è ancora possibile per gli italiani fare obiezione di coscienza in caso di chiamata alle armi. L’incontro, che promette essere il primo di una lunga serie targata Fga, si è concluso tra gli applausi.
Chiara Valnegri