20 Giugno 2022

In corrispondenza con i festeggiamenti per i suoi 25 anni di sacerdozio, di cui ben 10 presso la parrocchia di San Felice, don Paolo Zucchetti si appresta a salutare la comunità che ha accompagnato per l’ultima decade nel suo percorso di fede e, più in generale, di crescita. Come spesso succede in questi casi, rimane un retrogusto dolceamaro: la dolcezza e la felicità di dirigersi verso una nuova avventura, di lasciare la precedente con un bagaglio di ricordi dal valore inestimabile e, soprattutto, con la consapevolezza che sia pronta ad affrontare con virtù gli anni a venire; un velo di amarezza, naturalmente, perché è umano affezionarsi alle persone e dei luoghi abitati si portano sempre con sé le emozioni e i volti incontrati. Don Paolo però saluta la comunità serenamente.
Come sono stati questi 25 anni di sacerdozio?
«Eh, come si fa a parlare di 25 anni in poche parole? Sono stati senz’altro una bella avventura e una bella grazia, perché sono stati un dono di Dio che ci tiene una mano sulla testa e ci guida sempre. Ho potuto vivere esperienze molto diverse, sono passato da una parrocchia molto tradizionale, a una della periferia milanese completamente diversa, per poi ritrovarmi a San Felice. Non è stato mai monotono, perché la vera differenza la fanno le persone, a cui poi ci si affeziona».
Si riesce a mantenersi in contatto con le comunità che vengono lasciate?
«In molti casi sì, ma rimane la mancanza. In un modo o nell’altro però ci si ricorda sempre delle persone che hanno frequentato la parrocchia, anche dei collaboratori che purtroppo sono venuti a mancare: c’è molto dispiacere, ma li si porta sempre dietro nella preghiera. Mi è capitato proprio quest’anno di ricevere una visita da parte di un gruppo di giovani che erano ragazzi quando mi trovavo ancora nella mia prima parrocchia, che si sono ricordati del mio 25esimo anniversario di sacerdozio e sono venuti a salutarmi per celebrarlo. È stato bello: se la gente si ricorda di te così a lungo significa che qualcosa di buono l’hai seminato».
Come è stata l’esperienza a San Felice?
«L’accoglienza è stata veramente calorosa e anche i livelli di partecipazione mi hanno sorpreso. Soprattutto, negli ultimi anni c’è stato un risveglio anche delle famiglie giovani con figli e penso sia molto bello che la parrocchia sia anche dei giovani, nonostante per esempio manchi una struttura come quella di un oratorio. Questo all’inizio mi ha colpito, ma poi è stato sufficiente ripensare gli spazi per le attività e una soluzione si è trovata».
Com’è cambiata negli anni la comunità?
«Il cambiamento più evidente, che all’apparenza sembrerebbe negativo, è che pare essere venuto meno il desiderio di stare insieme nei momenti di comunità, come le feste di quartiere, anche a causa della burocrazia, che rende più difficile organizzarle, e di un generale senso di individualismo che sta prevalendo nelle nostre società Però in questa condizione è possibile ritrovare un aspetto molto positivo: la parrocchia, trovandosi in una fase di transizione dell’intera comunità, è stata costretta a ripensarsi. E ha risvegliato altri elementi fondamentali per il quartiere che sono la vera ragione della sua presenza sul territorio, cioè gli aspetti più spirituali della fede, portare avanti il messaggio del Vangelo».
Qual è il primo ricordo sanfelicino?
«L’incontro con il mio predecessore, don Francesco. Poi, naturalmente, quello con le persone».
E un ricordo di tutta l’esperienza?
«È un fatto curioso, perché vorrei dire un ricordo che non posso ancora avere, perché non è ancora accaduto, ma a cui tengo molto. Quest’estate, per la prima volta, siamo riusciti a organizzare una vacanza con i ragazzi: sarà una prima e, per me, anche ultima volta, ma la memoria rimarrà».
Come lascia i sanfelicini?
«Persone che continueranno a vivere la fede come hanno sempre fatto, una comunità attenta e viva. Quando si lascia una parrocchia è sempre un dispiacere, ma proprio perché so che lascio persone che hanno a cuore la parrocchia sono sereno. C’è amarezza, naturalmente, ma porto con me tanti bei ricordi e non sono preoccupato, perché so di non lasciare un vuoto e perché il messaggio del Vangelo è unico e continuerà ad vissuto con passione».
Cosa si prova ad andare via?
«Non sono ancora nell’ottica della partenza, che sarà a settembre. Prima voglio godermi la vacanza con i ragazzi e tutte le esperienze che ancora riservrà quest’estate. Però, posso dire che sono stato molto colpito dalla festa a sorpresa che mi hanno organizzato. Non me l’aspettavo proprio, sono stati bravi a tenere tutto nascosto. Non so decifrare bene i sentimenti che proverò a lasciare San Felice, ma sicuramente ci sarà dispiacere, per il fatto che le persone sono intercambiabili e mi mancheranno».
Un saluto alla comunità?
«Ringrazio tutti  per la testimonianza di fede e i collaboratori della parrocchia, con l’augurio di essere sempre così attivi, a partire dalla buona accoglienza ai nuovi sacerdoti. Auguro di portare avanti come sempre la parola del Signore».
Chiara Valnegri