11 Ottobre 2019

Uccise un transessuale con una penna-pistola a Cinisello Balsamo e 24 ore dopo, insieme a un complice, tentò di rapinare un ristorante giapponese a Segrate, sulla Cassanese. Il titolare del locale, però, reagì con un coltello, lo accoltellò e fece scappare i due malviventi. Una fuga che, però, durò poche ore perché i carabinieri rintracciarono e arrestarono Giovanni Amato, 43enne netturbino segratese. E proprio mentre si trovava in carcere gli inquirenti gli notificarono anche il fermo per l’omicidio del transessuale. Martedì, con rito abbreviato, Amato è stato condannato a 18 anni. Il pubblico ministero ne aveva chiesti 20, ma il Gup di Monza ha deciso per 2 in meno.
I fatti risalgono al febbraio del  2018 e il netturbino, forse, avrebbe potuto farla franca, se non avesse deciso di compiere anche la rapina a Segrate. Le indagini per l’omicidio di Cinisello, infatti, avevano evidenziato che il trans, un peruviano di 42 anni, era stato ammazzato con un colpo di pistola alla nuca. Un piccolissimo foro, sparato da un’arma non classica. Proprio la stessa usata per il mancato colpo al ristorante giapponese e ritrovata addosso ad Amato: una penna-pistola calibro 22. Una coincidenza che, immediatamente, ha fatto drizzare le antenne agli inquirenti che hanno voluta approfondirla. Si è così deciso di comparare le impronte digitale lasciate dall’assassino su una bottiglia a casa della vittima con quelle dell’arrestato per rapina. Che, naturalmente, coincidevano.