20 Aprile 2018

In questo mese di Aprile, dove gli Ospiti della RSA San Rocco di Segrate ricordano eventi legati alla Seconda Guerra Mondiale e puntualizzano il come le vicende hanno cambiato le loro vite, vogliamo proporre un bellissimo racconto scritto dalla nostra Professoressa Vanda Vitulano, Ospite della nostra Residenza da diversi anni.
Buona lettura....

 

Per un filo di lana in più
La signorina Tilde era immersa nel suo lavoro. Bussarono alla porta. Tilde si alzò sollecitamente tenendo ancora la penna tra le dita. Aprì la porta e rimase immobile. Dinanzi a lei c’era un distinto signore che le sorrideva accennando un inchino.
Tilde arrossiva, impallidiva, sudava, tremava. Finalmente si decise a mormorare: “Si accomodi signor Pino!”. Quasi contemporaneamente esclamarono:”Ma cosa ci è accaduto?” e si strinsero le mani.
“Non è difficile ricostruire le nostre storie, in questi venticinque anni tutti siamo stati costretti a modificare i nostri sogni, le nostre aspirazioni. Quando sono partito per il fronte cantavo e sventolavo il tricolore, orgoglioso della mia Patria bella, sicuro di partecipare ad una “guerra lampo” che mi avrebbe presto riportato a casa. Non fu così. Interminabili giorni di combattimento e di prigionia mi attendevano. Fra i prigionieri c’era un giovane coraggioso e spericolato (infatti era un aviatore). Ci disse che aveva fatto un piano. Non appena fossero stati approntati gli aerei per il decollo, in quattro avremmo dovuto occupare un aereo e nasconderci nella carlinga.
Non mi dilungherò sulle conseguenze di quell’atto giovanile che si protrasse per diverso tempo perchè dovevano decidere se farci fucilare dai tedeschi o dagli americani.
Ma la storia procedeva, infatti accaddero tali disordini nell’esercito a causa della caduta del governo fascista, che potemmo organizzare un’altra fuga. Cosa farcene della libertà se dovevamo scegliere? Unirci agli Alleati che avanzavano? Presentarci alla Repubblica Sociale Italiana, ossia ai tedeschi? Nasconderci nei boschi? Scegliemmo quest’ultima soluzione.
Non conoscendo i luoghi ci ritrovammo in un campo minato. Ci salutammo a gesti perchè sapevamo che la fortuna non avrebbe sorriso a tutti. Ci avviammo separatamente, poco dopo saltarono due mine e lo spostamento d’aria ci disperse. Quando ripresi conoscenza non potevo muovermi, ero finito crocifisso su una rete di filo spinato. Intorno a me si muoveva con molta delicatezza una giovinetta che, con un paio di forbici, cercava di tagliare la giacca dove si era impigliata e con una pezzuola detergeva il sudore e il sangue che mi sporcavano la faccia. Mi aiutò a raggiungere una cascina dove viveva con la madre poichè il padre e il fratello erano stati richiamati alle armi ed erano sempre in attesa di notizie.
Mi nascosero e mi ospitarono. Io aiutavo come potevo nel buio della notte. Terminata la guerra e tornata una specie di normalità, come era prevedibile, sposai la fanciulla che si dimostrò brava moglie e tenera madre. Nel frattempo erano ritorßnati il padre e il fratello piuttosto malconci a causa delle ferite e delle malattie contratte.
Si riformarono i nuclei familiari, io potei riprendere l’insegnamento ed ora eccomi qui spinto da una curiosità.
Si ricorda signora Tilde che le avevo lasciato l’incarico di farmi delle calze con della lana che avevo già dipanato? Ebbene ricevetti le calze, ma senza un cenno alla nostra amicizia, alla nostra speranza! Capii che non aveva gradito la mia domanda di matrimonio”. E poi un lungo silenzio con questo interrogativo in sospeso “perchè no?”.
“Come potevo rispondere se non avevo ricevuto nessuna domanda? Nemmeno un saluto?”.
“E  pensare che io credevo di aver trovato il modo di vincere la mia timidezza affidando all’interno del gomitolo di lana il mio messaggio.”.
Tilde si diresse all’armadio e ne trasse una scatola contenente gli avanzi di vari filati. Prese un sacchetto e ne tolse un gomitolino di lana grigia. Cominciò ad avvolgere il capo sulla mano e poco dopo apparve della carta ripiegata.
“Non ho lavorato abbastanza! Non ho finito la lana.”.
“Posso offrirle un’aranciata signor Pino?”.
“Perchè no?”.


Prof. Vanda Vitulano