28 Settembre 2018

In questo anno la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287/18 ha finalmente risolto l’annoso contrasto giurisprudenziale sul tema dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, nell’ambito del procedimento di divorzio, laddove la legge dispone che tale diritto vada riconosciuto in ipotesi di mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive».
Che cosa accadeva prima di questa pronuncia? Inizialmente (dal periodo a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 fino al 2017), il presupposto per la concessione dell’assegno divorzile era costituito dall’insufficienza dei mezzi del coniuge richiedente ai fini della conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio (c.d. parametro del “tenore di vita”). Nel 2017 la Corte di Cassazione ritornava però sulla questione, ribaltando le carte in tavola, e affermava che il parametro di riferimento non dovesse più essere individuato nel tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, bensì nel raggiungimento, da parte del coniuge richiedente l’assegno divorzile, dell’indipendenza economica (c.d. parametro della “autosufficienza economica”); come dire: non avrà diritto al mantenimento il coniuge che sia in possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, che vanti capacità e possibilità effettive di lavoro personale, che abbia stabile disponibilità di una casa di abitazione.
E oggi, invece, alla luce della sentenza citata all’inizio, come stanno le cose? Per tranquillità degli ex mariti, possiamo dire che l’addio all’unico parametro del “tenore di vita” è stato confermato. Tuttavia le Sezioni Unite, conferendo all’assegno divorzile «una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa», hanno affermato che il giudice, qualora sia chiamato a decidere sulla sua attribuzione e sulla sua quantificazione, debba necessariamente tenere conto di tutti i criteri indicati nell’art. 5, comma 6, L. 01/12/1970, n. 898 e, in particolare, «del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto». Quindi qualora, al momento del divorzio, risulti una rilevante differenza tra i redditi degli ex coniugi, per stabilire se l’uno abbia diritto a percepire l’assegno divorzile dall’altro, ed eventualmente in quale misura, bisognerà verificare se tale disparità sia legata, o meno, a scelte familiari condivise tra marito e moglie durante il matrimonio, tenendo in considerazione la durata del rapporto coniugale e l’età del coniuge che richiede il mantenimento.

Avv. Ilaria Ventura