18 Aprile 2019

M olti di voi avranno sentito parlare del fondo patrimoniale come strumento utilizzabile per porre i propri beni al riparo dai rischi connessi all’attività imprenditoriale; ma, se fino ad una decina di anni fa questa poteva rappresentare una valida strategia di protezione del patrimonio, oggi le cose sono molto cambiate.
L’istituto, regolato dagli articoli 167 e seguenti del codice civile, consente di destinare, attraverso un atto pubblico o un testamento, un determinato patrimonio al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, creando così, oltre a un vincolo di indisponibilità, un vero e proprio effetto segregativo sul patrimonio stesso.
L’art. 170 c.c., infatti, vieta al creditore di proporre atti esecutivi sui beni del fondo e sui frutti di essi “per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.
In buona sostanza la norma, nonostante la formulazione poco chiara, prevede che i beni vincolati nel fondo patrimoniale possano essere sottoposti a pignoramento solamente per ottenere il pagamento di quei debiti contratti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia (come potrebbero ad esempio essere quelli per l’istruzione o per le cure mediche dei figli).
Peccato che di tale strumento di protezione patrimoniale molti ne abbiano troppo spesso abusato, con il chiaro intento di sottrarre determinati beni (prevalentemente immobili) alla garanzia generale prevista dall’art. 2740 del codice civile a favore dei creditori e rappresentata dal patrimonio del debitore.
Ciò ha inevitabilmente portato i tribunali a interpretare in maniera sempre più estensiva il concetto di “bisogni della famiglia”, fino ad arrivare a ricomprendere nell’alveo dei crediti sorti per il soddisfacimento di tali bisogni, anche quelle obbligazioni idonee a soddisfarli solo indirettamente, come ad esempio quelle assunte da un familiare nell’esercizio della propria attività lavorativa individuale.
Anche il legislatore, con l’introduzione dell’art. 2929 bis del codice civile ad opera del D.L. n. 83/2015, è di recente intervenuto sul punto, prevedendo la possibilità per il creditore, qualora il fondo sia stato costituito successivamente alla nascita del credito, di procedere direttamente a esecuzione a condizione di trascrivere il pignoramento entro un anno dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della costituzione del fondo stesso, senza dover previamente instaurare una causa ordinaria di “revocatoria” per ottenere una  declaratoria di inefficacia del fondo patrimoniale nei suoi confronti.
Consiglio pertanto, a chi avesse interesse a pianificare una strategia di protezione del patrimonio, a confrontarsi con un avvocato esperto in questa materia per evitare di optare per uno strumento che, oltre a comportare nell’immediato dei costi notarili (talvolta anche rilevanti), potrebbe poi, all’occorrenza, dimostrarsi completamente inefficace.
 

Avv. Davide Dimalta