16 Novembre 2018

Lunedì 29 ottobre un vento devastante ha lasciato cicatrici profonde sulla natura e nei ricordi, alberi straziati e divelti giacevano al suolo e la pioggia sferzante ha maltrattato tutto ciò che sfiorava. Eppure la sala lettura dello Sporting Club di Milano 2 ospitava gli intrepidi e coraggiosi amici che non hanno voluto rinunciare all’appuntamento mensile con la cultura condivisa. E molto merito va anche alla relatrice, dottoressa Maria Grazia Parisi che, pur arrivando da Milano, ha sfidato le intemperie e si è presentata puntuale al nostro appuntamento.
Maria Grazia Parisi ha al suo attivo una lunga carriera, costellata di riconoscimenti. È medico psicoterapeuta e si occupa da anni del trattamento dei disturbi emotivi  e psicosomatici mediante la psicoterapia e l’applicazione di tecniche di risoluzione rapida tra cui soprattutto il FastReset da lei inventato, che l’ha resa famosa anche all’estero. I suoi libri contribuiscono alla divulgazione e all’approfondimento dei disturbi del cervello emotivo. Chi meglio di lei, dunque, poteva trattare il tema: “Come coltivare gli affetti e l’amicizia per vivere a lungo e bene”? Chiara, pacata, attenta e disponibile ha risposto alle domande e ha trattato temi delicati e articolati ricorrendo a volte alla sua esperienza di psicoterapeuta riportando esempi di suoi pazienti.
Il mondo oggi corre in maniera convulsa lasciando indietro una parte di vita emotiva che un tempo predominava. La società dell’agire sta penalizzando la pratica del pensare. Lei che ne pensa?
«I bambini sono spronati a “fare” e la “noia” viene combattuta e scongiurata con mille attività scolastiche ed extra. Eppure la noia può essere costruttiva quando induce a pensare, quando porta a trovare una soluzione inventando qualcosa che ci interessa e che ci porti a metterci in gioco. Le grandi intuizioni delle menti geniali spesso sono state partorite in momenti di abbandono, di meditazione e di silenzio. Si pensi a Newton seduto sotto un albero di mele, o a Leonardo affascinato dal volo di un uccello. Come può la mente di un bambino elaborare pensieri creativi nel frastuono dei parco giochi o durante allenamenti sportivi e ricreativi che lo portano a confrontarsi continuamente con grandi e piccini? Quanto tempo riescono a concedersi per stare sdraiati sul loro lettino a “non fare niente” magari con un adulto disponibile a conversare con loro? Questo mancato rapporto affettivo, penalizzerà l’uomo di domani il quale darà la precedenza al “fare” e trascurerà i rapporti interpersonali basati sul dialogo e conoscenza.  Alcuni comportamenti ossessivi compulsivi che io curo anche in pazienti molto giovani nascono dalle eccesive aspettative che i genitori pongono su questi ragazzi. I figli diventano un “biglietto da visita” da esibire e quindi devono avvicinarsi il più possibile al modello di “figlio perfetto” imposto dalla società. Io, dopo anni di esperienza, sono arrivata alla considerazione che i genitori dovrebbero sostenere degli esami per avere una patente che li renda idonei ad affrontare il loro difficile ruolo. Chiaramente è una provocazione che nasce dalla mia deformazione professionale che mi porta a frequentare di più le patologie che la normalità. Però ultimamente sono aumentati i casi di bambini e adolescenti affetti da disturbi emotivi; mi è addirittura capitato di curare piccoli pazienti con attacchi di panico».    
Si nasce simpatici, affettuosi, comunicativi o lo si può diventare?  
«Perché definiamo una persona antipatica? Cosa accade quando non si riesce a farsi accettare?
Spesso definiamo scostante una persona che è solo timida, o antipatico qualcuno che non la pensa come noi.  E ci piace invece chi sorride e saluta in maniera affabile o chi ci guarda negli occhi. Alla base di una buona convivenza c’è l’accettazione dell’altro”; la capacità di sospendere il giudizio e vedere nel prossimo quegli aspetti positivi che spesso anneghiamo nel giudizio e nella critica. Stare in compagnia è fondamentale per sviluppare empatia e si può farlo giocando a carte o condividendo hobby o dedicandosi agli altri. Anche facendo i nonni si alimentano affetti e si condividono momenti importanti sia per l’adulto che per il bambino. È importante però che i genitori che affidano i figli ai nonni non deleghino a loro il ruolo di educatori perché a loro compete concedere quello che un genitore “non vuole o non può” concedere. Il nonno è stato a sua volta genitore e adesso vuole abbandonarsi e godere in pieno della gioia di stare con i nipoti. Il  bambino sa benissimo che quello che può fare dai nonni può non essere consentito a casa dei genitori e viceversa. L’importante è che il bambino possa contare sulla “bontà” delle regole che devono essere vissute senza alcun conflitto; se a casa dei nonni non si guarda la televisione e a casa dei genitori invece si, o se la nonna concede una caramella o un dolce e la mamma invece non lo fa, questo sarà vissuto con tranquilla accettazione dal bambino, che è scevro da giudizi o pregiudizi, a patto che facciano lo stesso gli adulti che devono imparare ad accettare e rispettare i diversi ruoli per la buona educazione e crescita dei bambini. Ricordo che mia madre, che aveva 4 figli ed era molto impegnata,  era poco espansiva con noi pur amandoci molto. Adesso la guardo interagire con i miei nipotini, figli di mia sorella, e scopro una nonna coccolona, espansiva, affettuosa e capisco quanto sia sorprendentemente adattabile  lo stato d’animo che spinge ogni individuo a comportarsi in maniera diversa  adeguandosi  a ruoli diversi».
Alla fine dell’incontro,come sempre, ci attende un piccolo rinfresco per salutarci e fornire ai partecipanti una ulteriore occasione di dialogo con la relatrice. Rifletto guardando queste splendide persone che sono venute nonostante il devastante maltempo e capisco quanto forte debba essere in loro la voglia di ascoltare, di apprendere altro, di condividere e quanto piacevole sia, evidentemente, ritrovarsi in un contesto noto e confortevole, quasi familiare. Essere soci non è solo effettuare una iscrizione e pagare una quota sociale, ma va ben oltre; significa appartenere ad una comunità , socializzare attraverso le attività e gli eventi proposti fortificando i legami “affettivi” sviluppati negli anni. E soprattutto significa “accettarsi e comprendersi sospendendo il giudizio”.