28 Settembre 2018

Rita Levi Montalcini scrisse “L’Asso nella manica a brandelli” nel 1998, alla soglia dei novant’anni.
Il titolo prende spunto da un brano dell’opera di W.B. Yeats, The Collected Poems of W.B.Yeats del 1933, che declama: «… l’anziano non è che un relitto umano, un abito a brandelli appeso ad un bastone, a meno che l’anima non batta le mani e canti, e canti sempre più forte, per ogni brandello del suo abito mortale».
In questo intenso e lineare saggio la Montalcini, rifiutando scontate riflessioni e lugubri lamenti sulla vecchiaia, asserisce che il cervello può mantenere la sua funzionalità anche in tarda età, al contrario di quanto purtroppo accade ad altre funzioni fisiologiche del nostro corpo: infatti, sebbene  perda alcune prerogative e capacità, le sostituisce con altre che in parte compensano, e addirittura superano, quelle perdute.
«È destino di tutti gli organismi viventi, che appartengono al regno vegetale o animale, di andare incontro nell’ultima tappa della vita a una progressiva decadenza, preludio del cessare di ogni attività vitale.
Negli individui della specie umana, il declino senile assume aspetti più vistosi e drammatici che negli altri esseri viventi per tre motivi.
Il primo è la maggiore lunghezza della vita. Il secondo è il degrado degli organi derivante dall’usura che si rivela particolarmente nelle componenti somatiche in misura maggiore o minore. Il terzo è il rifiuto dell’anziano da parte della società».
«… nell’epoca attuale la travolgente rapidità del vertiginoso sviluppo scientifico e tecnologico, che ha trasformato una società statica in una altamente dinamica, ha emarginato l’anziano in quanto non in possesso delle nuove conoscenze, né portatore di esperienze utili alle nuove generazioni.
È così sorto l’incubo della vecchiaia, non in quanto apportatrice di disturbi fisici, ma principalmente per il timore del rifiuto da parte della società. A questo fine si ricorre, nella grande maggioranza dei casi, ai patetici tentativi di mascherare l’età con maquillage sostenuti da astuti spot pubblicitari». Rita Levi Montalcini, nella prima parte del libro, mette il lettore di fronte alla stupefacente scoperta dei complicati ma affascinanti meccanismi che portano il cervello a essere il fulcro del nostro essere.
La teoria neuronale di Ramón y Cajal e quella reticolare propugnata da Golgi… per noi profani rappresentano terre lontane e inesplorate ma la Montalcini non ha la pretesa di insegnare, bensì vuole che il lettore comprenda quanta forza ed energia ci sia racchiusa dentro questo prodigioso organo.
E quanto sia importante sapere che esso è robusto e tenace, che subisce l’attacco degli anni ma sa difendersi attingendo risorse dal bagaglio di conoscenze che abbiamo saputo accumulare nel corso degli anni.
La neurobiologia, disciplina cui la scienziata ha dato notevoli contributi, ha dimostrato che il cervello non invecchia mai: se è vero che il numero delle sue cellule diminuisce col passare degli anni, è al contempo vero che esse aumentano la propria capacità di ramificarsi grazie alla plasticità neuronale. Il cervello, quindi, difende le sue risorse, ne crea di nuove, a patto però che si conduca una vita mentalmente attiva e ricca di stimoli. Ed è proprio questa straordinaria vitalità cerebrale a costituire “l’asso nella manica” di una vecchiaia “a brandelli “, che così, giorno dopo giorno, può essere affrontata come una partita sempre nuova, con le carte vincenti ancora tutte da giocare.
A dimostrazione di ciò la Montalcini, nella seconda parte del libro, porta a testimonianza la vita e le opere di  cinque straordinarie menti geniali: Michelangelo Buonarroti (1475-1564), Galileo Galilei  (1564-1642), Bertrand Russell (1872-1970), David Ben Gurion (1886-1973), Pablo Picasso (1881-1973).
«… differenti i settori nei quali si è esplicata la loro attività, differenti le condizioni ambientali e sociali, identico l’impegno, il coraggio e la creatività che hanno caratterizzato tutto il loro operato. Doti che sono rimaste immutate nel periodo finale del loro lungo percorso»
“… è l’uomo di questa civiltà che ha creato la vecchiaia. A tale creazione in negativo esiste un antidoto: essere consapevoli delle formidabili capacità cerebrali in nostro possesso. L’uso continuo di queste capacità, a differenza di quanto è la regola per tutti gli altri organi, non ne provoca il logorio. Paradossalmente ne rafforza e ne fa risplendere qualità rimaste inespresse nel vortice delle attività esplicate nelle fasi precedenti del percorso vitale.»

Katia Amato Sgroi