15 Aprile 2016

Figli bamboccioni e tirannici,  intimoriti da un futuro senza speranza e genitori consistenti come la ricotta: in questa società liquida, senza più riferimenti certi, le relazioni familiari sono in crisi e rischiano di farne le spese gli adulti di domani, che crescono sospesi tra il desiderio di avere tutto e subito e la fatica di impegnarsi per un futuro pieno di incertezze.
Le regole del mercato hanno contaminato sempre più la vita di tutti e i primi a farne le spese sono i nostri figli che, attratti da una felicità a base di consumi ed eccitazione, sembrano incapaci di cercare e approdare ai significati profondi che danno senso all’esistere e che permettono la vera realizzazione di sé.
La crisi dei giovanissimi riflette la crisi del mondo adulto, sempre più fragile e alla ricerca di nuovi comandamenti sui quali fondare il proprio ruolo, con genitori spesso confusi nel proporre un progetto educativo che risulti efficace e coerente.
Un’indagine che  ha coinvolto un campione di quasi 200 studenti di terza superiore (età 16-17 anni), in merito alle modalità di espressione verbale con cui i figli si rivolgono ai genitori, ha evidenziato che a fronte del 20% di ragazzi/e che ha dichiarato di non ingiuriare mai verbalmente i genitori, neanche quando si arrabbia, ben quasi il 40% ha detto di farlo normalmente, il 9% addirittura spesso.
La madre, di media, è la più insultata e con termini più offensivi rispetto al padre.
Il genere di offese indirizzate alla mamma è vario: tutte le declinazioni del “rompi”, associate a “str..., egoista, incoerente, rovinata, handicappata”, fino a pesanti insinuazioni sui presunti “facili costumi” della madre.
Il papà, invece, è destinatario di moltissimi “vaffa…”, qualche “rompi”, ma il dato più interessante è che riceve molte “ingiurie-richieste” di attenzioni: “tu non mi capisci”, pensi solo a te stesso”, “non ti interessi di me e di quello che penso”.
A differenza di ciò che si pensa comunemente, i bambini e i ragazzi non sono solo la parte fragile o le vittime della violenza familiare, loro stessi possono fare violenza sui genitori.
Esiste – da un punto di vista psico-sociologico – la tipologia del “figlio tiranno”: un figlio che insulta, squalifica, offende, ricatta, manipola, un figlio che può arrivare a picchiare i genitori, quasi sempre la madre.
La casistica rivela, tra l’altro, che il figlio “tiranno” è presente in tutte quelle famiglie nelle quali – a prescindere dall’estrazione socio-culturale – sono completamente saltati i rapporti parentali: «i genitori – il mondo adulto in generale – vengono percepiti come modelli morbidi e inconsistenti, tali da creare nei figli un senso di sostanziale orfanità, cioè di mancanza di figure educative».
Genitori “giovanilisti”, “mamme amiche”, “papà latitanti con giustificazione-lavoro”, questi i genitori – né autorevoli né autoritari – dei figli tiranni. In altri casi si tratta di genitori che – in situazioni di crisi di coppia – investono il figlio del “ruolo del partner” che li ha abbandonati, o di quello di “giudice” chiamato a dare ragione/torto a uno dei genitori in conflitto.
Il figlio “tiranno” è un figlio che usurpa il posto vacante di un genitore o entrambi: è un dittatore legittimato dai suoi stessi sudditi. La psicologia e le varie discipline del sapere umanistico, naturalmente, sono tutte una fioritura di teorie sul “figlio tiranno” e di relative proposte terapeutiche. Tutte, poi, sono accomunate dalla stessa convinzione: la cura del “figlio tiranno” e della famiglia usurpata devono venire dall’esterno, da professionisti qualificati che, monitorando i casi, suggeriscano anche l’adeguata terapia.
I figli crescendo tendono a mettere in discussione l’autorità dei genitori, contrapponendosi alle regole e richiedendo una maggiore libertà.
Il rapporto autorità/libertà si trasforma lentamente nel corso della crescita dei figli in seguito al loro sviluppo fisico, emotivo e cognitivo che determina la capacità di  assumere gradatamente, in prima persona, la funzione di contenimento esercitata all’inizio totalmente dai genitori, come il darsi dei limiti, l’essere consapevoli dei rischi provenienti dall’esterno e delle conseguenze delle proprie azioni.
L’adolescente ha comunque ancora bisogno che il genitore continui a svolgere la sua funzione di contenimento adattandosi ai nuovi bisogni dei figli che crescendo adottano modalità diverse di esprimersi e di relazionarsi con il mondo degli adulti.
Non esistono regole  precostituite, ogni famiglia può trovare una soluzione personale in base alle caratteristiche individuali dei membri che la compongono e al modo in cui essi interagiscono.
A partire  dalle situazioni di difficoltà quotidiane ogni genitore dovrebbe individuare un modo per facilitare la comunicazione nel rapporto educativo con i figli, acquisire abilità nell’ascolto e nella riformulazione dei messaggi, saper esprimere i sentimenti, negoziare le regole, la disciplina, ridefinire il rapporto fra autorità e libertà, favorire la gestione dei conflitti.
Ma il benessere dei figli non può essere superiore a quello del genitore ovvero il genitore è allo stesso tempo un individuo che ha dei bisogni e dei desideri.
Quando il genitore inizia a sentirsi frustrato nell’impossibilità, che a volte diventa vero e proprio sentimento di impotenza, di rispondere adeguatamente alle nuove richieste dei figli, deve anche sapere che questa frustrazione è “sana” fino a quando non impedisce al genitore stesso, in quanto persona, di svolgere con soddisfazione, gratificazione e piacere le attività di proprio interesse.
Quando il genitore, nel tentativo di creare maggiore benessere nei figli, inizia a rinunciare a se stesso, dovrebbe ricordare che il proprio benessere e la propria soddisfazione saranno per i figli anche un modello per il proprio futuro di persona adulta, matura cioè libera ed autonoma.
Entrate nella stanza di vostro figlio e ordinategli di riordinare tutto, fino all’ultimo calzino. Toglietegli le cuffie dalle orecchie e chiedetegli di ascoltare quello che state dicendo, anche se sono sciocchezze. Infine speditelo in biblioteca con l’ultima devastante verifica di matematica incollata al libro e imponetegli di ritornare più sapiente e preparato che mai. Fate i genitori, insomma, senza sensi di colpa e senza temere che alla prossima sfuriata si metta a chiamare il telefono azzurro.

Dott.ssa Simona Siani, Medico Chirurgo Neuropsichiatra
Psicoterapeuta
bambini e adulti
Consulente del Tribunale
Criminologa
sasperl@gmail.com