La felicità non è un’assordante musica ad effetto, ma la flebile colonna sonora che accompagna la vita di tutti i giorni.

15 Gennaio 2016

Un’immagine chiarificatrice per descrivere l’adolescenza, parte dall’idea che tale percorso sia un’esperienza di sospensione e di rinvio tra potenzialità e attualità, tra passato e futuro in un lavoro di emancipazione ed evoluzione affettiva, emotiva e psichica; in quest’ottica,  la scuola può aiutare ogni adolescente  a conoscere se stesso attraverso un interesse rivolto verso di lui, un’esplorazione non solo scolastica ma creando situazioni che stimolino il suo interesse e la sua curiosità.
Quando si parla di “difficoltà scolastiche” si fa riferimento a tutte quelle manifestazioni che evidenziano un funzionamento scolastico insoddisfacente a livello del rendimento, del comportamento, e/o del vissuto personale dell’adolescente o dei suoi genitori.
 Sono manifestazioni che rimandano a situazioni interne legate alle caratteristiche specifiche di ogni adolescente, della sua famiglia, della scuola che frequenta e degli insegnanti che incontra. Quindi risultano dall’interazione di più fattori; per poterle capire occorre inquadrarle all’interno della relazione, reale o immaginaria, fra adolescente, famiglia e scuola. I problemi scolastici sono di tipo diverso e presentano diversi livelli di gravità, spesso non sono la conseguenza di una specifica causa, ma sono dovute al concorso di molti fattori che riguardano sia lo studente, sia il contesto in cui viene a trovarsi (ambiente socioculturale, clima familiare, qualità dell’istituzione scolastica e degli insegnanti).
Mancini e Gabrielli  definiscono  il disagio scolastico come “uno stato emotivo, non correlato significativamente a disturbi di tipo psicopatologico, linguistici o di ritardo cognitivo, che si manifesta attraverso un insieme di comportamenti disfunzionali (scarsa partecipazione, disattenzione, comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo, cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta carenza di spirito critico), che non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo, utilizzando il massimo delle proprie capacità cognitive, affettive e relazionali.”
La scuola è una realtà con caratteristiche precise, pone delle richieste sia di tipo relazionale sia di tipo intellettivo, rappresenta un’area di transizione fra la famiglia e il sociale, è un elemento importante rispetto al futuro del ragazzo; ma anche sollecita vissuti, fantasie, aspettative sia nell’adolescente che nei genitori. E’ importante tenere presente che le difficoltà scolastiche, la cattiva riuscita nell’apprendimento, atteggiamenti di rifiuto e di opposizione possono essere l’espressione di problematiche interne e relazionali che coinvolgono il ragazzo e la famiglia, ma possono essere anche, almeno in parte, legate a effettive carenze della scuola o degli insegnanti.
Sempre più spesso la scuola diventa uno spazio in cui l’adolescente vive e percepisce il pensare come un obbligo che può farlo sentire in pericolo, costringendolo ad attuare delle difese che possono farlo optare per un evitamento dell’attività di pensiero  o per un atteggiamento di apatia, di allontanamento in cui vengono dismesse creatività e curiosità, sostituite con forme di imitazione e di adattamento passivo.
Per l’adolescente diviene dunque   fondamentale   sentirsi responsabile del processo di apprendimento in cui viene coinvolto:  l’adolescente-studente ha  bisogno di continui rimandi e sollecitazioni dall’esterno...la scarsa connessione vissuta tra ciò che accade a scuola e ciò che riguarda la sua vita lo rende invece sostanzialmente passivo  e demotivato.
La scuola inoltre per l’adolescente è un banco di prova delle proprie capacità e per questo può rinforzare l’autostima, ma può anche indebolirla. La presenza dei coetanei può sia facilitare l’individuazione sia diventare un pericolo per il confronto e i possibili meccanismi competitivi. Rispetto ai genitori la scuola può sollecitare vissuti e fantasie relativi non solo al figlio, ma anche a se stessi, alla propria esperienza scolastica, ai propri desideri e emozioni. Così la riuscita scolastica del figlio può diventare qualcosa su cui vengono trasferiti contenuti personali.
Spesso si tende a vedere l’andamento scolastico come indice di uno sviluppo più o meno regolare, per cui delle cadute nel rendimento scolastico o delle difficoltà nelle relazioni con gli insegnanti e coi compagni sono motivo di preoccupazione per i genitori che rischiano di sottovalutare altre espressioni di disagio, di prestare poca attenzione ai problemi della crescita e del raggiungere una propria identità. Quando ci sono difficoltà di rendimento o difficoltà a scuola si pongono sempre interrogativi relativi all’intelligenza o alle capacità: spesso però non è così, casomai si tratta di un utilizzo dell’intelligenza e del pensiero che non permette di mentalizzare, di usare il pensiero astratto, come se il ragazzo restasse legato a forme di pensiero più infantili, più concrete. Oppure si tratta di una forma di difesa mentale che, impedendo la conoscenza e la curiosità non permette di entrare in contatto con la realtà interna che si sta vivendo.
Molto spesso le tensioni scolastiche solo apparentemente hanno a che fare con la scuola e in realtà riguardano problemi di fondo. Dove ci sono conflitti e problematiche psicologiche anche il rendimento diminuisce, il ragazzo non riesce a elaborare dentro di sé quello che legge, come se fosse svuotato. Il problema si concentra sulla scuola, c’è uno spostamento.
I problemi e i conflitti interni possono essere “messi” sugli insegnanti. Così i professori possono rappresentare all’esterno situazioni interne non risolte e diventare nella fantasia figure persecutorie. Il conflitto con la scuola può nasconderne uno con una figura genitoriale che non si è mai espresso in maniera diretta.
Il ragazzo può avere dentro di sé un’immagine dei genitori come persone capaci soltanto di apprezzare e riconoscere il successo a scuola e i bei voti; così cerca di esprimere la sua ribellione attraverso la scarsa riuscita a scuola.
L’abbandono scolastico può essere, anche questo, un qualcosa messo in atto per “punire” i genitori. Dunque la scuola attiva molte problematiche tipiche del periodo di crescita e può diventare il luogo in cui vengono agiti conflitti interni difficili da elaborare e che possono incidere sul funzionamento scolastico, sulle relazioni coi compagni e con gli insegnanti. Di conseguenza possono aversi manifestazioni quali comportamenti disturbanti, tendenza ad isolarsi, difficoltà a fare un uso costruttivo del pensiero e del ragionamento con blocchi dell’apprendimento, disinteresse verso lo studio o, all’opposto con un iper-investimento nello studio ma carico di ansia e senza alcuna soddisfazione e piacere per quello che si fa.
Tra le possibili manifestazioni del disagio a scuola troviamo:
■ Difficoltà di apprendimento
spesso c’è discrepanza tra il potenziale cognitivo stimato e le modalità di funzionamento a livello di apprendimento scolastico.
■ Disinvestimento/flessioni del rendimento
da non confondere con la situazione diifficoltà di apprendimento.
■ Difficoltà relazionali/emozionali
in particolare aggressività di tipo fisico o verbale rivolta a compagni, insegnanti, oggetti; iperattività; basso livello di attenzione e di tolleranza alle frustrazioni; reazioni emotive eccessive (sia in positivo che in negativo), ansia.
■ Apatia
immobilità o riduzione dell’attività, mancanza di curiosità e di interessi, tendenza ad isolarsi, stanchezza generalizzata.
E’ importante  dunque che i ragazzi sentano che ai genitori stia più a cuore il fatto che loro trovino un proprio modo di essere piuttosto che il rendimento scolastico; ed è importante che i genitori  comprendano che  la libertà di fare delle scelte, di esplorare diversi campi esperienza, di fare dei tentativi per prove ed errori e anche di sbagliare sono una parte fondamentale  dell’esperienza crescita .
È importante riconoscere che il passaggio dall’età infantile all’età adulta non avviene solo nella mente e nel corpo dell’adolescente, bensì anche grazie alle relazioni che egli vive negli spazi d’interazione più vicini e che possono diventare significativi spazi di risorsa, di sviluppo e di condivisione con altri .
Ecco allora che l’esperienza scolastica, in quanto esperienza conoscitiva e di apprendimento, si propone potenzialmente come spazio in cui sperimentarsi, che renda possibile transitare da un’area mentale confusa e poco definita a luoghi mentali connotati da dimensioni di comprensione e condivisione, e dare un senso a quanto si sta vivendo durante il periodo adolescenziale.
La scuola deve però recuperare l’aspetto di una formazione a 360 gradi, non solo trasmettendo un sapere che proviene dai libri, ma anche convincendo  lo studente-adolescente che vale la pena impegnarsi e cogliere un’importante occasione di crescita.

Dott.ssa Simona Siani, Medico Chirurgo Neuropsichiatra
Psicoterapeuta
bambini e adulti
Consulente del Tribunale
Criminologa
sasperl@gmail.com