13 Ottobre 2017

Molti sono i quesiti che ci vengono sottoposti in materia di famiglia. Tra questi, tre sono particolarmente interessanti.
C. da San Felice ci dice: “Io e il mio compagno conviviamo ormai da tre anni. Posso formalizzare la mia situazione senza ricorrere al matrimonio?”. C. potrà regolamentare la sua vita familiare con i c.d contratti di convivenza, una delle novità più rilevanti  della legge 20 maggio 2016 n.76 nota come “legge Cirinnà”. Tali contratti permettono ai conviventi che abbiano registrato la loro convivenza etero o omosessuale nei registri anagrafici, di «disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune» (articolo 1, comma 50) e, nello specifico, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, di stabilire il luogo di residenza dei conviventi, le modalità di contribuzione di ciascuno alle necessità della famiglia di fatto, il regime patrimoniale adottato, ecc.  A livello formale il contratto “de equo” deve avere la forma scritta per essere valido e, nei 10 giorni successivi alla sottoscrizione, dovrà essere trasmesso al Comune di residenza dei conviventi per essere iscritto nei registri dell’anagrafe dove è registrata la convivenza.
S. da Cernusco sul Naviglio chiede: “Io e il mio compagno non siamo sposati e abbiamo due bambini. Purtroppo entrambi vogliamo separarci, come dobbiamo comportarci?”
In materia di coppie di fatto che si separano l’iter da seguire è piuttosto semplice.
Quando c’è l’accordo sui figli (affidamento, collocamento, mantenimento) si redige un ricorso congiunto e lo si deposita presso il Tribunale competente. Se gli accordi sono conformi alla legge e all’interesse dei minori il Tribunale accoglie il ricorso e ne omologa il contenuto, senza necessità di fissare un’udienza. Se l’accordo tra gli ex conviventi non c’è, deve iniziare un giudizio vero e proprio ove ciascuna parte farà valere le proprie ragioni. I rapporti personali invece verranno regolati in base a quanto previsto oggi dalla legge sulle unioni civili, e/o dal codice civile.  
A. da Segrate, divorziato, versa periodicamente alla moglie un assegno divorzile e ci chiede: “Da qualche tempo la mia ex vive stabilmente con un altro uomo (peraltro più ricco di me) dal quale ha avuto un figlio. Devo continuare a mantenerla?”. Secondo la Cassazione, l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una convivenza more uxorio fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di divorzio a carico dell’altro coniuge.
In pratica la formazione di una famiglia
di fatto è espressione di una scelta che
si caratterizza per l’assunzione del rischio di una cessazione del rapporto post coniugale e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni assegno di mantenimento (Cass. n. 02466/2016, 6855/2015). A., quindi, potrà adire l’autorità competente chiedendo la modifica delle condizioni di divorzio.