14 Ottobre 2016



Prima causa di morte per neoplasia della donna, il tumore al seno rappresenta il 29% delle cause di morte oncologica prima dei 50 anni. Un dato molto alto, in rapporto soprattutto ad altre fasce di età in cui la percentuale è decisamente più bassa.
Mentre infatti l’incidenza è proporzionale all’avanzare dell’età, non è così per la mortalità, che presenta tassi sempre più elevati tra donne giovani.  Infatti, mentre i programmi di screening, che invitano le pazienti a partire dai 50 anni a effettuare controlli periodici,  hanno contribuito ad abbassare significativamente la percentuale di decessi, le donne al di sotto dei 45 anni non solo non sono coinvolte nelle campagne di prevenzione, ma sono anche meno propense ai controlli e, per pigrizia o mancata consapevolezza, sfuggono alla possibilità della diagnosi precoce.
Dott. Galluzzo, partiamo dalla consapevolezza. Quando una donna dovrebbe iniziare a sottoporsi ai controlli?
Si parte dall’adolescenza, quando la donna, ancorché molto giovane, dovrebbe iniziare ad eseguire l’autopalpazione. Una perfetta conoscenza delle proprie mammelle è infatti essenziale per accorgersi di eventuali ‘novità’.
Come dovrebbe comportarsi una donna che non rientra ancora nei programmi di screening?
Oltre all’autopalpazione, una visita annuale dal senologo è di assoluta importanza per impostare una prevenzione dedicata e personalizzata, in base all’anamnesi, all’età, alle caratteristiche cliniche delle mammelle, alla familiarità e ai fattori di rischio.
Già intorno ai 25 anni, si consiglia una visita dallo specialista, accompagnata da ecografia. Il controllo periodico dal senologo dovrebbe quindi rientrare nelle buone abitudini da seguire fino ai 40 anni, quando la periodicità dovrà avere cadenza annuale.   
Dai 40 anni (anche se gli screening ministeriali gratuiti partono dai 50 anni), oggi si consiglia una visita senologica e una mammografia annuali, affiancate, al bisogno (seno denso o reperti clinici o mammografici non univoci), dalla ecografia e, in casi selezionati, dalla Risonanza magnetica. Tali controlli vanno proseguiti per tutta la vita.
Ha parlato di “fattori di rischio”. Quali sono?
Una lunga durata del periodo fertile, con un menarca precoce e una menopausa tardiva; non avere figli o una gravidanza dopo i 30 anni; l’adozione della terapia ormonale sostitutiva in periodo menopausale.
O ancora la presenza del gene BRCA 1 e/o del  gene BRCA 2. In questo caso, dove il rischio è un tumore ereditario, è indispensabile una consulenza genetica che determini il rischio individuale, sulla base del quale il senologo imposterà un programma di monitoraggio quasi individualizzato.
Sembra invece confermato un effetto ‘protettivo’ dell’allattamento al seno.
Quali sono i segnali evidenti
a cui prestare maggiormente attenzione?
La comparsa, riscontrabile attraverso l’autopalpazione, di noduli mammari, non rilevati in precedenza. O ancora, una retrazione della cute o del capezzolo o una secrezione patologica del capezzolo. In casi rari la comparsa di adenopatie ascellari può essere il primo e talora unico segno di malattia.  
Esistono però dei fattori di rischio che possono essere eliminati, o quanto meno allontanati, con la correzione degli stili di vita?
Certamente. La prevenzione, come per altre patologie, quali quelle cardiovascolari o dislipidemiche, parte anche da questo: eliminare quei fattori di rischio generici legati a scorretti comportamenti. Un buon inizio è certamente quello di eliminare un elevato consumo di alcool, l’alimentazione non equilibrata e il fumo.
Tra le ultime rivoluzioni tecnologiche c’è la mammografia a tomosintesi?
Sì, si tratta di una mammografia tridimensionale ad alta definizione: la tomosintesi digitale, che permette di ricostruire un numero praticamente infinito di piani a partire dalla stessa sequenza di proiezioni bidimensionali.
Mentre nella mammografia 2 D, ovvero “tradizionale”, la sovrapposizione di tessuti di varia tipologia  può diminuire la visibilità di lesioni di piccola entità e in particolare di piccole neoplasie, con il rischio di non diagnosticare lesioni in fase precoce, la tomosintesi consente un netto guadagno in termini di accuratezza (sensibilità e specificità) e anticipazione diagnostica, senza peraltro aumentare la dose di radiazioni erogata.
È il progresso tecnologico già disponibile per una diagnosi sempre più precoce e sicura.