06 Aprile 2018

Negli ultimi 15 anni stiamo assistendo all’aumento esponenziale dell’infertilità di coppia.
Da una stima dell’Istituto Superiore  di Sanità, questo problema coinvolge circa il 15% delle coppie. Le stime dirette dell’infertilità sono certamente più affidabili in quanto si basano su indagini demografiche specifiche, condotte sull’intera popolazione o, più spesso, su gruppi campione.                                                                                  Considerando che i vari studi di popolazione danno un indice di fecondità intorno al 25% in coppie giovani, i calcoli prevedono che nelle nuove coppie il 19% avrà problemi riproduttivi dopo 2 anni e che di queste il 4% sarà sterile e le altre coppie saranno subfeconde. Fattori  incisivi di subfecondità sono lo stile di vita e l’età della donna.  Secondo i dati Istat l’età media della prima gravidanza è infatti di 32 anni. Questo ritardo si associa a un aumento delle gravidanze a rischio e a un maggior numero di donne con problemi di sterilità. Il problema si evidenzia anche nei casi di ricorso alla fecondazione artificiale.                                                                                                                                     Le tecniche di fecondazione assistita hanno avuto uno straordinario sviluppo nell’ultimo decennio, tuttavia, paradossalmente, quella che era nata come risposta terapeutica a condizioni di patologia specifiche e molto selezionate, sta forse assumendo il significato di un’alternativa fisiologica. Non bisogna dimenticare, però, che i costi economici ed emotivi della fecondazione assistita sono elevati e che possono determinare effetti sulla salute della donna a medio e lungo termine. C’è un mercato che specula sull’infertilità delle coppie e che, per questo, non ha alcun interesse a far sì che venga curata. Conoscere la fertilità, prevenire la sterilità, diagnosticare e curare gli squilibri deve quindi diventare la strategia da privilegiare prima dell’eventuale ricorso a tecniche di fecondazione assistita. Il problema e così importante che il Ministero della Salute ha redatto un Piano nazionale per la fertilità per sensibilizzare i cittadini su tale tematica. Lo scopo del piano è collocare la fertilità al centro delle politiche sanitarie ed educative del nostro Paese. Ma non basta indire un “Fertility day” o condurre campagne informative: bisogna intervenire con programmi mirati a salvaguardare e ripristinare la salute dell’essere umano, con un’ottica funzionale, biologica e rispettosa della vita. È importante considerare la sessualità, la procreazione, lo stile di vita e l’alimentazione come parti interagenti dell’essere umano, come un filo diretto che unisce profondamente la vita del singolo a quella della specie: è evidente però che le nostre funzioni biologiche devono essere “alimentate”, perché l’equilibrio ha il suo prezzo. Tale equilibrio può essere definito “stato di salute”. L’approccio complementare dà un’assoluta priorità a tale equilibrio e quando questo non è presente, il primo intervento è finalizzato a ripristinarlo, così da consentire all’organismo di mettere naturalmente in moto i meccanismi procreativi.
“L’armonia è l’energia senza sforzo”, diceva Platone. Infatti il nostro corpo è perfetto, così come lo sono i suoi processi biochimici. Laddove ci siano accanimento e sforzo, significa che l’equilibrio si è rotto. L’equilibrio ormonale, nella donna come nell’uomo, è alla base della salute e quindi presupposto fondamentale per la procreazione.
Purtroppo, spesso, i disequilibri sono sub-clinici, cioè non vengono evidenziati da un asterisco sugli esami. Per esempio, non è importante il valore assoluto della quantità di estrogeni o di progesterone, ma il loro rapporto. Viviamo in una società ricca di estrogeni e quindi in tante donne esiste un “sottile” disequilibrio denominato “dominanza estrogenica” che si verifica quando vi è un eccesso di estrogeni rispetto alla quantità di progesterone. Fra le conseguenze più serie ricordiamo l’endometriosi, gli ovai policistici, le cisti ovariche, i fibromi uterini, o altre conseguenze meno evidenti, come i disturbi dell´umore.
Questi squilibri, inoltre, portano anche a un’ipofunzionalità tiroidea, ultimamente definita ipotiroidismo sub-clinico. Inoltre non bisogna sottovalutare la ridotta fertilità maschile, spesso non adeguatamente considerata. Secondo alcune stime, l’insuccesso procreativo è dovuto per il 30-50% a problemi maschili. La quantità di testosterone e la funzionalità spermatica vengono solitamente valutati con un semplice spermiogramma … Anche nell’uomo l’equilibrio ormonale/metabolico è alla base di un ben-essere che porta sicuramente a una migliore funzionalità procreativa. La Medicina funzionale procede innanzitutto nell’individuare le cause responsabili dell’incapacità di concepire, intervenendo in modo mirato nel ripristino dell’omeostasi (riequilibrio) per permettere alla coppia di procreare in modo naturale, consigliando una nutrizione e uno stile di vita adeguati e integrando con piante medicinali. Ovviamente, il tutto supportato da screening ed esami clinici.
L’approccio naturale rappresenta pertanto l’opzione migliore, non solo per le coppie con problemi di fertilità che desiderano avere un figlio, ma anche per le coppie sane che desiderino portare avanti una procreazione responsabile ed etica.

dott. Massimo Caliendo
referente e coordinatore equipe
“Medeor Medicina Complementare”