«Fraschini era valida, ma imporla è stato un errore». «Al primo turno ho votato Borlone, al secondo Micheli». «La rappresentanza del centrodestra in aula è modesta». «Ho sofferto per il mio accantonamento decennale»

2015-06-26

All’indomani del voto che ha portato Paolo Micheli a diventare sindaco di Segrate, spodestando dopo 20 anni il centrodestra dalla guida della città, tutti si sentono legittimati a fare un’analisi politica di quanto accaduto. Posizioni più o meno interessanti, più o meno faziose. Noi proviamo allora ad analizzare quanto accaduto con una persona che la politica locale l’ha vissuta (e indirettamente la vive ancora oggi) da protagonista. Si tratta dell’ex sindaco Bruno Colle che dieci anni orsono lasciò il suo scettro nelle mani di Adriano Alessandrini. Partiamo.
Facciamo due premesse per focalizzare meglio la sua posizione: al primo turno può dirmi chi ha votato?
«Ho dato il mio voto a Paolo Borlone, scelta fatta certamente per simpatia umana, ma anche per una coerenza politica».
E al ballottaggio chi ha deciso di appoggiare?
«Paolo Micheli. Cercando di portare voti in quella direzione anche di persone che si collocano nel centrodestra».
Quindi ha disatteso le indicazioni di Borlone che si è apparentato con Tecla Fraschini?
«Borlone ha preso una decisione personale. Rispettabile, sia chiaro, ma ideologica contro il centrosinistra. Non credo l’abbia fatto per interessi personali bensì per un certo pregiudizio verso la sinistra. E non mi è sembrato giusto seguirlo».
Sorpreso del risultato venuto fuori dalle urne?
«Direi di no. Soprattutto dopo aver visto le preferenze dei consiglieri comunali uscite dal primo turno. La rappresentanza del centrodestra è alquanto modesta ed estremamente fragile. Erano rimaste fuori persone autorevoli e a quel punto ho capito che il vento stava cambiando e Micheli avrebbe potuto farcela».
Analizziamo la sconfitta del centrodestra. Partiamo dal ruolo del sindaco uscente Alessandrini. Anche lei pensa che abbia responsabilità oppure non lo crede?
«La sovraesposizione di Alessandrini sia in termini di campagna elettorale, quando è uscito dal ruolo di sindaco con eccessiva grinta, che di decisioni prese in giunta a mio giudizio è un errore. In questo secondo senso, penso alla delibera sul nuovo insediamento davanti a Milano due, una decisione incauta visto anche il voto contrario del vice sindaco Grioni e dell’assessore Pedroni».
Il voto ha decretato anche il fallimento del progetto degli Indipendenti, che per l’occasione si sono presentati nella lista civica PartecipAzione, o sbaglio?
«Non sbaglia affatto. La lista PartecipAzione è andata molto peggio del previsto. Parliamoci chiaro: non c’erano personalità di spicco e senza Angelo Zanoli qualcosa manca. Inoltre durante la campagna elettorale ho notato un certo disimpegno da parte degli ex Indipendenti. Non sono stati molto attivi, forse delusi dalla scelta di Fraschini al posto di Laura Aldini come candidato sindaco».
Riflessione finale?
«Che il progetto Indipendenti oramai non si giustifica più e che si deve tornare alle origini, cioè i partiti politici. Le liste civiche non giovano al centrodestra, sono iniziative radicate nel centrosinistra».

E la Lega? Ha fatto bene a entrare nella coalizione o sarebbe stato meglio se avesse corso da sola?
«Se avesse corso da sola Micheli avrebbe anche potuto vincere al primo turno. Era giusto andare insieme però dovevano scegliere un sindaco condiviso e non calato dall’alto. Il carroccio ha fatto campagna elettorale blanda, in piazza si è visto poco. Su questo ha ragione Alessandrini quando dice che la Lega non si è spesa».
E di Forza Italia ai minimi storici cosa possiamo dire?
«Secondo me Forza Italia non è poi andata così male anche grazie all’impegno di alcuni suoi vecchi guerrieri a cominciare da Casella. Un vero peccato che non sia stato eletto consigliere. Ha lavorato in linea con il percorso liberal democratico che gli azzurri devono perseguire».
Come mai tra i consiglieri di maggioranza di questa tornata sono stati rieletti solo in due, Del Giudice e Trebino?
«Ha pesato lo schiacciamento che Alessandrini ha prodotto nei confronti del consiglio comunale durante i suoi dieci anni di governo. Il suo protagonismo ha nuociuto alla visibilità e capacità di lavoro di molti assessori e consiglieri. E si è preoccupato poco di crescere un suo successore come mi permetta di dire, io ho fatto con lui. E poi ha anche pesato un bisogno di rinnovamento che si è percepito chiaramente. Davanti al rigetto della politica che è sempre più evidente a livello nazionale fa piacere vedere quante facce nuove si sono volute candidare».
Tecla Fraschini era il candidato giusto?
«La persona è simpatica, cordiale e disponibile. Non ha esperienza, ma neppure Micheli ne ha poi così tanta di amministrazione pubblica. Fraschini non era un candidato sbagliato, ma è la sensazione che ha dato Alessandrini ad avere fatto danni. Adriano ha massacrato gli ingombranti come Pianetta, Pedroni e Rizzi per imporre qualcuno che fosse in simbiosi con lui, se non succube. E questo messaggio lentamente si è diffuso. A Milano 2 in particolare».
Fraschini, a sua volta, ha sbagliato qualcosa? Avrebbe dovuto smarcarsi di più?
«Con un’invasione di campo del genere non è che potesse fare granché. Tra il primo e il secondo turno ha acquistato maggiore autonomia, ma oramai era tardi. Non le darei colpe particolare per la sconfitta».
Passiamo al vincitore: cosa si aspetta da Micheli?
«Tre cose sostanzialmente. La prima: che costituisca una buona giunta sulla base delle competenze. E mi pare che l’inizio sia in questa direzione. La seconda: motivare e valorizzare il personale comunale che è di buon livello e che in questi anni mi è parso un po’ demoralizzato. La terza: tenere aperto un dialogo con l’opposizione intesa non solo come consiglieri comunali, bensì come forze politiche presenti a Segrate. Il programma di Fraschini aveva cose buone che vanno analizzate bene».
È ottimista nei confronti del neo sindaco?
«È un buon politico e un buon comunicatore. Vedremo se sarà anche un buon amministratore».
Anche lei teme i comunisti?
«Ma no. Al massimo qualche ecologo estremista. Il comunismo modello tirannia occidentale non esiste più anche se qualcuno ancora ci crede. Come Borlone».
Da dove deve ripartire il centrodestra?
«Era già in crisi prima di questo risultato, diciamolo. Ora deve ricostruire un gruppo dirigente magari partendo dagli anziani validi e valorizzando i giovani che si sono distinti in questa campagna elettorale».  
Dica la verità: in questi dieci anni quanto si è sentito messo da parte visto che si parlava di una Segrate rivoltata come se il predecessore non avesse fatto nulla?
«Non solo mi sono sentito sminuito, ma ho passato una forte crisi sfociata nella depressione. Questo accantonarmi e non riconoscermi alcun merito l’ho trovato poco umano. Solo Angelo Zanoli mi ha dimostrato affetto e gratitudine».