2019-03-01

E così ci capita di chiacchierare con Raul Cremona, prima di una sua esibizione durante la rassegna “Il teatro al centro” al polo commerciale Acquario di Vignate. Quando Fabio Laguardia (nellafoto), direttore della struttura, ci ha invitato, sapevamo esattamente chi stavamo per incontrare: un gigante del palcoscenico italiano, una colonna portante del cabaret nostrano.
Raul, va bene la fama e la notorietà, ma anche tu una volta sarai stato solo un giovane di belle speranze. Quanta gavetta hai dovuto fare?
«Era la Milano degli anni ’80, quella del Derby e del Ca’ Bianca. All’epoca la televisione era un privilegio per pochi ed essermi dovuto fare strada nel mondo del palcoscenico alla lunga si è rilevata una grande fortuna perché mi ha permesso di crescere e accumulare materiale, cosa che ci differenzia dalle nuove generazioni. In tutto una quindicina di anni nei locali me li sono fatti».
Sono quelli gli anni in cui nascono i tuoi personaggi più famosi?
«In realtà sono nati lungo tutta la mia carriera. Vengo dal mondo della prestigiazione e da lì sono partito applicando esercizi di stile intorno alla figura del mago. “Cosa succederebbe se esistesse un mago simile a Silvan ma che non ne combina una giusta?”, mi sono chiesto. E così è nato il mago Silvano, ad esempio. Ci sono stati, poi, momenti in cui i tanti impegni televisivi mi imponevo di ingrandire il mio repertorio. Da quella esigenza sono nati personaggi neutri come Iacopo Ortis e Omen che mi hanno permesso di uscire dal mondo della magia e cimentarmi in pezzi di vera improvvisazione e interazione con  mattatori come Claudio Bisio».
La magia rimane comunque la tua vera dimensione, giusto?
«Certo, sono anche presidente del circolo dei prestigiatori di Milano e appena posso mi piace dedicarmi a quest’arte. Tant’è che mi definisco un prestigiatore prima che un comico».
Che ruolo ha avuto “Mai dire gol” nella tua carriera?
«Fondamentale, mi ha fatto entrare in televisione dalla porta principale. Quando mi chiedono se quel programma tornerà non so mai cosa rispondere perché il percorso della televisione è ciclico e i programmi vanno e vengono. “Non stop”, “Drive in”, “Mai dire gol”, “Zelig”, sono parabole di cui non possiamo conoscere il tracciato. Al momento siamo in una fase calante ma solo perché per anni abbiamo avuto un’offerta molto ampia».           
Ti abbiamo visto a “Che tempo che fa” con il mago Forest, è solo una casualità o vi rivedremo insieme?
«Siamo sempre insieme, solo che lui è ospite fisso mentre io a puntate alterne. Con Michele ho fatto gran parte del percorso insieme, diventando grandi amici».
I comici a cui ti sei ispirato?
«Domanda troppo difficile, sono tanti. Jerry Lewis, Danny Kaye, Red Skelton e Don Rickles tra gli stranieri, personaggi che hanno fatto la storia. Tra gli italiani Totò e De Filippo passando per Walter Chiari e Aldo, Giovanni e Giacomo, amici di vecchia data».
Riesci a intravedere qualche talento emergente degno di nota?
«Checco Zalone sta facendo vedere cose interessanti. Per il resto credo sia un momento di stasi, non si può avere l’offerta che abbiamo avuto anni fa, soprattutto se non si persegue lo stesso percorso che affrontammo noi».
Il percorso teatrale?
«Il teatro è un privilegio e una sfortuna: sai che non guadagnerai mai tanto, ma stai facendo qualcosa che è concessa a pochi impavidi».
Come ci si approccia al pubblico di oggi pomeriggio?
«Quelli come me vivono per stare in mezzo al pubblico. Dopo 20 anni ho imparato a non sottovalutare mai il pubblico, che sia in un teatro o in un centro commerciale. Quando sei a contatto con la gente non conta niente se non il proprio repertorio».  
Mattia Rigodanza