2019-05-03

Inutile negarlo. Se non più importanti, ci sono assessorati che strategicamente sono più delicati di altri. Tra questi troviamo di sicuro quello ricoperto da Roberto De Lotto, docente all’Università di Pavia, che ha tra le sue deleghe quelle al Territorio e al Pgt. Vediamo cosa ha da raccontarci.
Partiamo da una considerazione: il ruolo di assessore se l’aspettava proprio così? Oppure più semplice o più difficile?
«Affronto questo ruolo valutando due aspetti. Il primo è professionale e posso dire di avere delle deleghe legate al mio lavoro. Conoscevo bene l’urbanistica accademica e professionale, mi mancava occuparmene dal punto di vista decisionale. E devo dire che questa esperienza mi ha permesso un arricchimento enorme nel mio campo, visto che a Segrate sta succedendo davvero di tutto, sia a livello locale, che nazionale. Non posso che essere soddisfatto».
E l’altro aspetto?
«È quello umano. E anche qui il bilancio è positivo. Sia per il rapporto con i colleghi di giunta, che per quello con chi deve mandare avanti la macchina comunale, persone super competententi e disponibili».
Tirando le somme?
«Come immaginavo, è un ruolo davvero complicato, anche perché non ho lasciato l’insegnamento universitario, ma gratificante».
Di recente c’è stata la firma del Segrate Village. Che considerazioni si sente di fare?
«Il Village è stato uno dei tanti cassetti che abbiamo trovato aperti. Sapevamo che avremmo ereditato  delle questioni irrisolte, ma siamo rimasti stupiti di quante e su che scala. Il Village è stato uno dei casi più complicati su cui ci siamo messi subito a lavorare. Quando era stato pianificato dalla precedente amministrazione, il mercato immobiliare andava al massimo, però la crisi è arrivata quasi subito dopo. Si è così passati dal detto “massima volumetria” a “massima qualità”. La situazione poi si è ulteriormente complicata con il cambio dell’operatore. Riuscire a chiudere è stato tutt’altro che facile».
Convinti di aver ottenuto il massimo?
«Per mia natura il massimo non lo vedo mai, per me un progetto può sempre essere migliorato. Diciamo che abbiamo trovato un’ottima mediazione. La nostra priorità erano le opere pubbliche nella zona della stazione, da realizzarsi in un tempo ragionevole. Da troppi anni la situazione era qualitativamente non accettabile». 
E, sempre recentemente, avete firmato anche la convenzione della ex Boffalora, ora Milano4You...
«Il piano era stato adottato dalla precedente amministrazione a pochi giorni dalle elezioni con volumetrie da ex area industriale, quando invece era verde. E questo non potevamo accettarlo. Il vero elemento difficile di questa vicenda è stato che lì c’era già gente che vi abitava. Se pensiamo a quelle famiglie, far fallire l’operatore sarebbe diventato un vero problema sociale. È stata una decisione complicata, ma abbiamo gestito l’intera vicenda andando incontro alle esigenze dei residenti, raggiungendo una convenzione garantista per il loro fabbisogno e per l’amministrazione».
Quale delle due considera il suo capolavoro?
«Sono molto autocritico, fatico a parlare di capolavoro. Posso dire che abbiamo dato il massimo in quello che abbiamo fatto. E non solo per Boffalora o Village. Posso fare un bilancio di questi quattro anni?».
Prego.
«Penso al tratto giallo della viabilità speciale, fermo da 30 anni, e ottenuto grazie alla caparbietà mia e del sindaco che siamo andati a Roma innumerevoli volte per fare sentire le nostre ragioni. E poi il Lotto Uno al Centroparco, l’avviamento del Piano urbano della mobilità sostenibile,  l’aver preservato il Golfo Agricolo che inseriremo nel Plis, il grande Parco Forlanini con l’apertura del tavolo e le procedure operative per mettere a sistema parte di territorio verde, prima solo pezzetti slegati. E poi un nuovo Pgt redatto a tempo di record. Ora che ci penso, posso cambiare una risposta?».
Quale?
«Torno indietro di una: credo che questo Pgt, e il tempo impiegato per farlo, sia il nostro capolavoro».
Ci sarebbe da affrontare la questione del Centroparco. Inserendo un’area commerciale al suo interno l’opposizione vi accusa di aver ridotto il verde...
«Nel Centroparco abbiamo piantumato mille alberi e recuperato 20mila metri quadri di territorio che era asfaltato. Abbiamo scelto di non inserire l’area commerciale, prevista dalla precedente amministrazione, all’entrata di Milano Due, che poi è la porta della città, perché non ci sembrava logico. È stata spostata all’inizio del Centroparco, ma il calcolo complessivo del verde è assolutamente positivo. Questo è un dato di fatto».
Passiamo a un’altra questione spinosa: Westfield. Vedrà mai la luce?
«Westfield si fa sicuramente. Due elementi oggettivi hanno inciso nel rallentamento del cronoprogramma. Il primo è stato il riassetto societario con l’ingresso dei franco-olandesi, il secondo l’atto integrativo dell’accordo di programma siglato a metà del 2018. Ora la società deve costruire l’edificio e parallelamente  iniziare le procedure per affidare la gara del prolungamento della viabilità speciale. E siccome, senza questa, il centro commerciale non può aprire, immagino che coordineranno i due cantieri».
Ok, ma a quando il taglio del nastro?
«La data ufficiale che fornisce la proprietà è il 2021».
Altro problema non indifferente è il nuovo intermodale, alle spalle di Tregarezzo...
«È uno degli elementi del famoso “Piano del ferro” di livello nazionale, che si inquadra in un corridoio europeo sulla rotta Genova-Rotterdam. È evidente che tutti siamo d’accordo nel passare dal trasporto su gomma a quello su ferro. La domanda però è: perché proprio a Segrate? Perché l’area è già di proprietà di Rfi. Nel nostro Pgt non abbiamo previsto nuovi intermodali, ma dalla Regione è arrivato un ultimatum: se non lo accettate, vi bocciamo il Pgt. A quel punto abbiamo scritto una serie di condizioni, ottenendo una convenzione con una relativa corresponsione economica da usare per mitigare l’impatto su Tregarezzo, oltre alla chiusura dell’intermodale di Redecesio. Quelle opere le realizzeremo e siamo sempre intenzionati a concordarle con i residenti».
Che rapporto ha con i consiglieri di minoranza?
«Al di là del ruolo, vedo reciproco rispetto. È giusto che ci sia un dibattito, ma, ma quando faccio le cose, sono certo delle mie ragioni e non mi sento obbligato a convincerli per forza».

Naturalmente non si candiderà per il prossimo consiglio comunale?
«Non l’ho mai preso in considerazione e nessuno me l’ha mai chiesto».
E se ci fosse un Micheli-bis, proseguirebbe a fare l’assessore?
«Se Micheli me lo chiedesse, risponderei di sì».