2023-06-09

Una laurea magistrale in fisioterapia al San Raffaele e una promozione che fa tornare il Sanga Milano Basket in serie A1 dopo 31 anni. Benedetta Bonomi, classe 1997, residente a San Felice, sta ancora festeggiando, insieme alle sue compagne, l’impresa a Forte dei Marmi. Perché non si vince mai da sole, soprattutto in uno sport come il basket, dove la differenza la fa il gruppo. Il futuro è ancora tutto da definire, per adesso ci si gode la promozione in A1.
Qual è stato il momento più emozionante della scorsa stagione?
«Quello che non scorderò mai è l’emozione che ho provato a giocare all’Allianz Cloud, in gara 1 nella finale, davanti a un pubblico di 3mila persone. È stato un bel messaggio anche per promuovere la pallacanestro femminile».
Sanfelicina, 25 anni, da bambina facevi la ginnasta. Da quando giochi a basket?
«Ho iniziato da piccola, guardando mio fratello maggiore. Mi è nata la passione così, poi grazie a mia madre, che è presidente del Basket Malaspina, abbiamo creato una squadra, insieme a mia sorella. E da lì non mi sono più fermata. Sono arrivati gli anni in Geas, a Sesto San Giovanni. Stagioni dei raduni con la nazionale, dall’Under 14 fino all’Under 19. Poi per motivi di studio ho deciso di giocare due anni in B, per poi tornare in A2, nel Brixia Brescia. L’anno scorso poi è stato quello del rientro a Milano, al Sanga. E alla fine del campionato siamo riuscite e riportare la squadra in serie A1».
Sai già cosa farai la prossima stagione?
«No, è ancora tutto da definire. Il progetto è quello di mantenere la categoria e in società sono impegnati a trovare nuovi sponsor perché un campionato nella massima serie costa il triplo rispetto a quello in A2. C’è un gran lavoro dirigenziale per aumentare le entrate e anche da quelli dipenderà il mio futuro».
Qual è stato il momento più emozionante in nazionale?
«I quarti di finale dell’Europeo Under 16. Dovevamo affrontare la Russia, la grande favorita e per tutti considerata la candidata alla vittoria finale. Abbiamo, invece, vinto noi e ci siamo qualificati per il Mondiale».
Conciliare studio e basket, non è stato di certo facile. Qual è il segreto?
«Parola d’ordine organizzazione. Non è un’impresa affatto semplice, anche perché per un periodo, mi allenavo a Brescia, ma studiavo a Milano. Diciamo che la possibilità, che poi era più una necessità, di seguire da remoto le lezioni per l’emergenza sanitaria, mi ha dato una mano a riuscire a coniugare tutte le attività».
Hai mai pensato di smettere?
«Di solito sono pensieri che vengono a fine stagione, quando si è davvero esausti. Ma poi la passione e l’amore per questo sport sono così forti che dici “ok, nel vale la pena. Il basket è una scelta di vita».
Qual è la tua specialità?
«Il tiro da 3. Appena posso, lo provo».
E cosa proprio non sopporti?
«Prendere le botte spalle a canestro. Ma non si riesce a farne a meno, perché il basket è anche questo».
Eh sì, è proprio una scelta di vita.