2023-11-24

Anche un po’ di Segrate ha camminato sul tappeto rosso all’ultimo Festival del Cinema di Roma. E l’ha fatto grazie a Luca Cagnetta, classe 2003, uno dei quattro protagonisti del cortometraggio “Riscrivere”. Si tratta di un viaggio metaforico nel mondo del “se” che segue le vicende di una madre e i suoi due figli, lanciando un messaggio per la prevenzione del virus Hpv (il papilloma virus umano). Realizzato da Msd Italia e prodotto da Brandon Box, la prima proiezione del film è avvenuta proprio al celebre evento della capitale, a cui è stato invitato il regista Mattia Lunardi e il cast al completo, formato da Rossella Ambrosini, Giada Fortini, Francesca Ieranò e, appunto, Luca Cagnetta.È stato proprio lui a raccontarci di questa esperienza  unica, ma anche qualcosa della sua vita da attore. Vista la vicinanza di età, ci diamo del tu.
Quando hai iniziato a muovere i primi passi nel mondo della recitazione?
«A 9 anni quando mia mamma aveva inviato delle foto a un’agenzia. Così sono stato scelto per uno spot della Bonduelle e da lì, senza esperienza ed essendo anche un po’ timido, ho incominciato. Prima erano pubblicità anche di marchi importanti in cui però sorridevo e basta, poi, quando ho raggiunto  gli 11 anni, ho passato il provino per la Compass dove per la prima volta ho dovuto preparare 5 sketch in cui avevo delle battute. Posso dire che questa è stata la prima vera e propria volta in cui ho recitato. Da quel momento ho fatto molti lavori diversi».
Parlando, invece, di “Riscrivere”, questo è un progetto che tratta un tema importante come l’Hpv oltrettutto in una chiave molto artistica. Quanto è stato difficile immedesimarti nel tuo personaggio?
«In realtà un po’, proprio perché è un corto con una grande carica metaforica e morale. Io interpreto Simone, il fratello, che non è toccato in prima persona dal papilloma virus, ma è più legato alle dinamiche familiari non semplicissime che sono rappresentate. Nonostante ciò, sapere che in questa occasione recitare, che è una cosa che amo fare, abbia avuto un fine così nobile come sensibilizzare su questa causa, è una cosa che sì, mi ha messo un po’ di pressione, ma soprattutto mi ha riempito di orgoglio.
Era un argomento che già conoscevi?
«Sì, e mi è sempre stato a cuore, visto che ho avuto dei cari che lo hanno dovuto affrontare. Ci tengo anche a fare un plauso a Mattia, il regista, che non ha lasciato nulla al caso: abbiamo fatto molti meeting prima di girare e durante le riprese ci fermavamo ad analizzare scena per scena perché ci teneva che non si perdesse il focus sulla malattia».
Come ti sei trovato sul set?
«Molto bene. Abbiamo lavorato per una settimana e si è respirato un clima davvero accogliente. A volte capita che la troupe si distanzi dagli attori, invece in questo caso tutto il gruppo era molto unito. Con Giada, Rossella e Francesca mi sono trovato da Dio: sono state delle ottime compagne di viaggio e delle buone amiche. Sono tutte e tre delle performer favolose. Come ho già detto, Mattia è un grande professionista e a livello tecnico è magistrale. Se, però, dovessi scegliere un solo aggettivo per descriverlo, questo sarebbe empatico: è molto comprensivo, trasmetteva una calma disarmante e non c’è mai stata una parola fuori posto».
Mentre a Roma com’è andata?
«È stata una vibrazione forte come un pugno nello stomaco. Non avevo mai partecipato a un festival e non mi sarei mai aspettato di avere l’opportunità di presenziare a uno così presto. Con il cast, abbiamo camminato sul red carpet: non sapevo minimamente cosa fare o dove andare, però è stato davvero emozionante e ho assaporato ogni millesimo di secondo. Anche se il mio obiettivo non è essere famoso, ho pensato che in quel momento stavo vivendo tutte quelle sensazioni che provano le celebrità ed era bello sapere che mi trovavo in un luogo che era stato calcato da personaggi di livello molto alto. Quando poi c’è stata la proiezione del film, le emozioni provate sono state ancora più grandi, anche perché era pure la mia prima visione».
Dunque, non avevi ancora guardato il cortometraggio finito. E com’è stato? Ha rispecchiato l’idea che ti eri fatto durante le registrazioni?
«Avevo delle aspettative molto alte e devo dire che sono state pienamente soddisfatte. Al termine del  filmato, inoltre, è stata data la parola agli scienziati che hanno discusso meglio del virus. Tutti, però, ci hanno tenuto a dire che avevano colto il senso, il messaggio, che volevamo trasmettere ed è stato bello sentire un parere positivo anche da parte dei più esperti».
“Riscrivere” però non è stata la tua prima pellicola...
«No, infatti. Ho fatto diverse apparizioni in alcuni film, soprattutto in quelli di Roberto D’Antona che è un regista bravissimo e che mi ha preso a cuore. Ad esempio, ho recitato una parte piccola nel suo “The last heroes”. La produzione più grande a cui ho partecipato, però, è stata “Glassboy” dove facevo l’antagonista. È stata un’esperienza assurda dove ho anche avuto il piacere di incontrare Loretta Goggi. Un altro lavoro, un po’ più divertente, se vogliamo demenziale, è stato “Cicciolina Pocket”, una sorta di odissea di quattro amici che un giorno vanno alla ricerca di un giornaletto porno in edicola. In questo cortometraggio, interpretavo il perno comico, però sempre un po’ bastardello e bulletto. Non so perché, ma attiro i registi per il ruolo del cattivo (e sorride, ndr)».
Hai mai seguito dei corsi di recitazione?
«Alcuni, ma molto amatoriali. Non ho mai fatto una scuola o un’accademia, anche se rientra nei miei piani. Ritengo comunque che anche  stare sul set sia molto formativo: si imparano tante accortezze e trucchi del mestiere».
E quando si spengono i riflettori, che cosa fai nella tua quotidianità?
«Adesso sto frequentando Scienze Umanistiche per la Comunicazione all’università degli studi di Milano».
Quindi che cosa sogni per il tuo futuro?
«Il mio piano A è recitare, poi sono iscritto a questa facoltà perché ritengo che sia importante studiare e anche per avere un’alternativa in un ambito che mi piace e mi permette comunque di esprimermi. Però, a essere sincero, nel mio domani vedo la carriera d’attore».
Chiara Fasoli