Sono 1400 i pezzi, rigorosamente tridimensionali, che ripercorrono l’evoluzione della cultura pop americana e mondiale di tutto il 1900

2017-02-24

A pochissimi chilometri da Segrate esiste un mondo fatto di icone, statuette, busti e gadget unico nel suo genere: parliamo della fantastica collezione del 55enne Riccardo Di Bari, composta da 1400 pezzi che ripercorrono l’evoluzione della cultura pop americana e mondiale durante tutto il 1900. «Ho iniziato intorno al 2000 in maniera del tutto casuale», esordisce Di Bari, «un giorno navigando su internet mi sono imbattuto nel Museum of Advertising Icons, un sito che ripercorre la storia di alcune delle più famose icone pubblicitarie della storia del merchandising. Essendo io del ’62 ho ritrovato le immagini più caratteristiche della mia generazione e nutrendo anche un debole per tutto ciò che riguarda la cultura pop americana me ne sono subito interessato. Da lì la ricerca è proseguita su e-bay e altri siti di vendita. La prima statuetta che ho comprato è di una azienda di prugne secche della California, ma quella a cui sono più intimamente legato è quella della Esso che negli anni ’70 regalavano quando facevi il pieno di benzina: si chiamava proprio “il tigre della Esso”, io avevo appena 10 anni, presi il gadget e lo regalai a mia volta a mio padre dicendogli di conservarlo. Lui lo custodì per decenni mantenendo la sua promessa e quando scomparve mi resi conto che fu proprio quel ricordo di quando ero bambino che inconsciamente mi spinse a dedicarmi a questo genere di oggetti». La collezione comprende icone da tutto il mondo con un occhio di riguardo al mercato Usa, da sempre fortemente incentrato su un sistema iconografico che rappresenta quasi ogni azienda o prodotto. Per far parte della collezione ogni oggetto deve avere due requisiti fondamentali: deve essere dichiaratamente pubblicitario e tridimensionale. Ecco dunque far capolino tra le file di statuette Calimero e Carmencita della Lavazza, una serie di Bibendum, il celebre omino della Michelin, e diverse statuette rappresentanti il colonnello di Kfc. Molti nascono proprio come gadget da dare ai clienti (e si possono quindi trovare candele, salvadanai o posacenere) altri sono semplicemente simboli pubblicitari. «All’inizio avevo bisogno di accrescere in fretta la raccolta e mi capitava di acquistare anche trenta o quaranta pezzi al mese», prosegue il collezionista milanese, «ora invece sto più attento alla qualità e al mio gusto estetico, ricercando pezzi più specifici. La maggior parte degli acquisti li faccio sul web o in giro nei posti che visito anche perché purtroppo, essendo un ambiente ristretto, non esistono fiere specializzate né tante pubblicazioni utili per chi ha questo genere di hobby«. Il valore individuale di ogni icona non è particolarmente alto e comunque Di Bari non si è mai interessato a vendere la collezione né a farla valutare. «Le aste su e-bay rimangono uno dei modi migliori per la compravendita di questi particolari oggetti: mi è capitato di cercare una specifica statuetta per 10 anni per poi riuscire ad aggiudicarmene due uguali nella stessa settimana. In questi casi la soddisfazione è immensa anche se io mi reputo piuttosto oculato, perseverante e pragmatico nell’acquisire nuovi pezzi. Si può dire che io collezioni veri e propri personaggi di fantasia che sono usati come testimonial da alcune delle più famose aziende del mondo». Le icone si differenziano per dimensioni, materiali con cui sono fabbricate, che vanno dal gesso alla gomma dura alla cartapesta, e per indice di rarità, parametro che ovviamente non lascia indifferente nessun collezionista che si rispetti. Tutti i pezzi sono anche soggetti all’usura del tempo, ma in un certo senso questo contribuisce ad attribuirne un certo fascino. «Mi piacerebbe fare un’esposizione o una mostra», ammette il collezionista, «ma ho bisogno di trovare il posto giusto, dove possano venire persone che si interessano veramente di design o cultura pop, perché ovviamente serve il target adatto fatto di persone che possano realmente apprezzare il mio assortimento». È molto interessante poi utilizzare questo tipo di oggettistica per un’analisi accurata dell’evoluzione della nostra società: se inizialmente il bambino dell’Alka Seltzer negli Stati Uniti si chiama Speedy, quando l’azienda si espande in Messico prende il nome di Prontito; oppure il celebre Mr.Clean, italianizzato in Mastrolindo, assume sembianze diverse in base ai canoni di bellezza che cambiano nel corso dei decenni; per ultimo il fantastico esempio delle statuette della Westinghouse, fabbrica americana di armamenti pesanti e quindi raffigurati da un uomo duro e imbronciato nel ‘40 che si trasforma in sorridente e ammiccante quando l’azienda si reinventa leader nel mercato degli elettrodomestici durante il boom economico degli anni ’50.
Mattia Rigodanza