«Il gruppo con cui ho camminato non ha saputo porre un freno alle decisioni di Alessandrini». «Ho preso il commercio che non era considerato e l’ho rilanciato». «Serve maggiore sicurezza. Ci sono vie che sono prese d’assalto»

2015-05-15

La sua candidatura è stata l’ultima in ordine di tempo a essere ufficializzata. Lorenzo Arseni, ex assessore al Commercio della giunta Alessandrini, e simpatizzante di Fratelli d’Italia, ha deciso di correre da solo come candidato sindaco al timone della lista civica “Segrate vita e lavoro”.
Alla fine ha deciso di candidarsi e di correre da solo. Come ha maturato questa scelta?
«Semplicemente perché il gruppo con il quale ho camminato in questi anni ha una visione completamente distinta dalle mie idee di fare politica e perché queste persone non hanno il carattere per tenere a bada uno come Alessandrini. Gli hanno lasciato fare tutto quello che ha voluto, per convenienza o incapacità, saranno fatti loro, ma è così. Non andava data al sindaco tutta la libertà politica di cui ha goduto».
Ad un tratto la davano anche vicino ad appoggiare il candidato sindaco di I like Segrate, Federico Figini. E invece?
«In realtà c’è stato un incontro a quattro. Oltre a Figini e al sottoscritto c’erano anche Viganò della Lega Federalista Segratese e Borlone di Cittadini di Segrate, ma non si è trovata la quadra perché nessuno voleva fare un passo indietro anche se alla fine le idee erano le stesse: cambiare il corso di questa amministrazione».
Invece con Fratelli d’Italia come è andata? Sembrava che lei fosse molto vicino alle loro idee...
«Il coordinatore regionale, Romano La Russa, fino al 24 aprile mi aveva assicurato che Fratelli d’Italia avrebbe appoggiato la mia candidatura a sindaco che io avrei portato avanti anche con la mia attuale lista. Quel giorno però mi ha telefonato l’ex vice sindaco di Segrate Giovanni De Nicola, avvisandomi che il partito aveva cambiato idea, che il candidato sarebbe stato lui e che io avrei dovuto appoggiarlo. Ho detto che non se ne parlava. Sono sul territorio da sempre e mai avrei accettato un candidato che arriva da Milano e così ho tagliato il cordone con Fratelli d’Italia. Il resto lo sapete. Il 29 La Russa ha fatto l’accordo con Alessandrini, tagliando fuori anche De Nicola. Direi che ho proprio fatto bene a rifiutare».
Lei è molto critico con Alessandrini eppure è stato suo assessore al Commercio...
«Già. Solo che Alessandrini appena vede che fai qualcosa di produttivo tende ad impossessarsene. Lui vuole essere il portabandiera di qualsiasi innovazione. Nella sua prima legislatura il commercio era inesistente, trascurato. Sono entrato io ed è cambiato tutto. Ho costituito il distretto del commercio, ho creato un fondo di sostegno per le attività primarie, abbiamo vinto due bandi regionali e fatto il primo convegno per formare una rete di impresa locale da collocare sui nuovi mercati.  A quel punto Alessandrini mi ha voluto limitare, appoggiato da alcuni consiglieri comunali invidiosi del mio operato».
E le è stata ritirata la delega in quel momento?
«Non proprio. Prima ho dato dei pagliacci a tutta la maggioranza incapace di opporsi alle richieste assurde che arrivavano dal sindaco. A quel punto sono stato mandato via dalla giunta. Custodisco ancora la lettera delle revoca: motivazioni ridicole».
Però lei era già critico nei confronti del primo mandato Alessandrini. Perché decise di entrare nella sua squadra allora?
«Fui spinto dal partito. Zanoli per primo mi disse che dovevo fare l’assessore visto il risultato personale che avevo ottenuto alle urne. E il direttivo regionale a sua volta fece pressione e mi convinse. Chiaro che un po’ di ambizione a quel punto è emersa. Comunque resta un’esperienza positiva che andava fatta. Le condizioni c’erano».
Da ex assessore al commercio, di cosa necessita questo settore?
«Deve completamente cambiare marcia. Bisogna rispettare chi paga le tasse e andare a capire le problematiche di certe aziende. Nell’ultimo biennio sono arrivate sul territorio una decina di piccole-medie imprese. Ebbene i segratesi che vi hanno trovato un posto di lavoro sono solo il 20 per cento rispetto alla disponibilità che c’era. Così non va bene per niente, l’amministrazione comunale deve interagire in modo diretto con queste aziende».
Sull’albo pretorio avete pubblicato il vostro programma in una paginetta e mezza. Come mai?
«C’è stato un disguido. Avevamo creduto che servisse solo un sunto. Presto pubblicheremo 12mila copie del nostro programma dettagliato e lo porteremo in tutte le caselle dei segratesi».
Mi racconta tre punti principali del suo programma?
«Innanzitutto chiunque intenda stabilire un’azienda sul nostro territorio deve parlare con l’amministrazione, dire quanti posti di lavoro servono e minimo l’80 per cento deve essere a disposizione dei segratesi. Altrimenti non se ne fa nulla».
Il secondo?
«La sicurezza. Non abbiamo una rete di controllo efficace. Ci sono periodi dell’anno in cui alcuni punti isolati della città sono letteralmente presi d’assalto. Intere vie svaligiate. Dobbiamo mettere giù una programmazione seria su come difenderci».
E infine il terzo...
«Il lavoro, problema primario di tutti, inteso come riavvicinare le aziende all’amministrazione. Se serve personale specializzato possono rivolgersi al nostro sportello del lavoro prima che alle azienda interinali. E poi prendere i nostri ragazzi che magari non hanno voglia di studiare e insegnare loro un lavoro creando corsi professionali. Ho già avuto incontri con il Capac, il politecnico del commercio e del turismo dove esiste una vecchia scuola di arti e mestieri per iniziare una collaborazione. Infine si devono abbassare i costi alle aziende che in questi anni l’amministrazione ha alzato anche del 50 per cento».
Chi troveremo come candidati al consiglio comunale nella sua lista?
«Saranno professionisti, commercianti ed amici alla loro prima esperienza politica. Gente che crede nelle mie idee, che ha visto quanto ho fatto e che mi vuole sostenere».
Quale obiettivo vi siete posti?
«Siamo come Davide contro Golia, lo sappiamo. Siccome, però, le nostre idee e i nostri principi sono sani, ci proviamo.Vediamo cosa uscirà dalle urne e confidiamo nelle stelle. Quello che posso dire è che noi siamo diversi da tutti. Non assomigliamo ai portavoce di partito che siamo abituati a vedere. Persone che ci dicono come risolvere un problema che loro stessi hanno creato».
Se si andasse al ballottaggio come vi ponereste?
«Se succederà l’imprevedibile e le stelle ci daranno ragione posso dire che decideremo noi con chi fare alleanze e non viceversa».
E se voi sarete fuori dai giochi?
«Riunirò il mio gruppo e parlerò con loro per capire che intenzioni hanno e democraticamente decideremo. Certamente daremo una dichiarazione di voto».