Alessandrini 5 anni fa alla sua seconda rielezione

«Sono orgoglioso di questo». «La mia rielezione nel 2010 e la possibilità di proseguire il lavoro iniziato è stato il momento più bello». «Processo T-Red un momento davvero amaro». «Una sola volta ho pensato di andare a casa»

2015-05-29

Questa volta siamo ai titoli di coda. Dopo 10 lunghi anni Adriano Alessandrini (nella foto del 2010 in occasione della seconda nomina) si appresta a lasciare la poltrona di sindaco di Segrate. Ripercorriamo con lui questi due mandati tuffandoci nel passato e guardando al futuro.
Si ricorda il suo primo giorno da sindaco?
«Direi di sì. Ricordo che per i primi due o tre giorni sono rimasto nell’ufficio che mi era stato assegnato da assessore. E non entrai subito perché dopo ci furono dei lavori per sistemarlo. All’inizio mi è sembrato un passaggio epocale con responsabilità che si decuplicavano. E ricordo che la prima decisione arrivò qualche giorno dopo la mia nomina: tre bambini da togliere ai genitori. Feci notte con gli assistenti sociali per capire a fondo cosa mi volevano fare firmare. E compresi che sarebbero stati anni non semplici».
Se si volta indietro il suo primo pensiero è...?
«Che sono contento e soddisfatto di quanto ho fatto. Tutto molto faticoso e non c’è nulla di scontato quando raggiungi un risultato perché ogni traguardo raggiunto non è mai acquisito. Ad esempio, il centro civico Verdi, aperto sette giorni su sette dalle otto a mezzanotte è un grande risultato. Però i problemi arrivano subito dopo averlo inaugurato. Turnare i custodi, gestire le pulizie, trovare chi suona e così via. Se non lo tieni vivo si deteriora subito».
Dovesse sceglierne uno qual è il momento più bello di questi dieci anni?
«Difficile, sono talmente tanti... Direi la mia rielezione che mi ha permesso di continuare il lavoro che avevo iniziato e impostato. Oltre alla soddisfazione del singolo risultato che mi dava consapevolezza di aver svolto un buon lavoro e che questo mi era stato riconosciuto».
E la cosa di cui va più orgoglioso?
«Sono un miliardo. Posso dire l’avere costruito un concetto di città che a Segrate mancava e questo lo si tocca con mano. Piazza San Francesco e il Centro Verdi sono luoghi frequentati anche dai non residenti. Esattamente come il Centroparco raggiungibile da tutti grazie a una mostruosa rete di piste ciclabili. La città ora è messa in sicurezza se penso a quando sulla Cassanese vedevo le persone attraversare con le buste della spesa. E poi la città sta per crescere e cambiare ancora. Mi riferisco a quello che darà il Centro Westfield, ne sono convinto. E la sua collocazione, a ridosso del Centroparco, è pensata e strategica».
Momenti negativi: la pagina più amara possiamo dire sia la vicenda T-red con il processo terminato con la sua assoluzione?
«Sono stati tanti i momenti amari. La vicenda T-Red è certamente tra questi con gli sciacalletti a marciarci sopra per tanti anni. L’impatto con il mondo dei tribunali, i tempi lunghi, le attese. In effetti una pagina negativa di questi dieci anni».  
Ha accennato a tanti momenti amari. Tipo?
«Spesso la non comprensione da parte dei compagni di viaggio, con consiglieri che non capivano cosa stessimo facendo. Sono stato accusato di essere accentratore, ma quando ho avuto collaboratori validi non ce n’è mai stato bisogno. Con alcuni consiglieri ho avuto un rapporto straordinario, ma altri sono stati una continua lamentela. E come mi dava fastidio quando mi dicevano: “ti voto il bilancio”. A me? Il bilancio si vota per la città, per l’assistenza, per le scuole, per il centro autismo al Villaggio Ambrosiano, per lo sportello lavoro e così via. Altro che votarlo a me. È stato disarmante. Per non dire dell’opposizione».
In che senso?
«Ha male interpretato il suo ruolo. Ha sempre invocato il dialogo, ma ha rifiutato ogni volta il confronto sulle cose reali parlando sempre male della sua città».
Il suo più grande rimpianto immagino sia non essere riuscito a costruire un palazzetto dello sport all’altezza di una squadra di A1?
«Da un lato mi è spiaciuto, vero. Sono molto affezionato alla nostra squadra di pallavolo e sentire che i giocatori ogni volta che tornavano dalle trasferte parlavano di impianti da 3mila posti mi lasciava allibito. Dall’altro lato però parliamo di comuni dove c’era il palazzetto bello e le strade con le buche. Mi resta comunque la mezza consapevolezza che il Centro Westfield costruirà un palazzetto spettacolare e degno di Segrate».
Ora può anche dirlo: quante volte in questi dieci anni è stato sul punto di andare a casa?
«Momenti difficili mille, andare a casa veramente, direi una sola volta. Un paio di estati fa quando ci fu l’azzeramento della giunta. C’era una scollamento a mio avviso incomprensibile, non ne capivo i motivi di tutta quella follia come se a nessuno interessasse trovare una soluzione. Visto che non ero lì per sopravvivere, se dovevo stare fermo ammisi che potevamo andarcene tutti a casa. Subito dopo averlo detto si trovò una soluzione».
Appena diventato sindaco lei mi confidò che le tiravano la giacca ovunque. È già iniziata la marcia indietro di chi oggi prende le distanze?
«Uno dei vantaggi di questo fine mandato è che più della metà dei contatti sparirà. E vivrò più sereno. Posto che è mia intenzione dare una mano a Tecla Fraschini, toccherà a lei subire questa rottura di scatole. Comunque sì: c’è gente che è già sparita, persone che si definiscono tue amiche e ti stimano e poi... ciao».
La persona che più l’ha sorpresa in questi anni?
«Direi che mi ha stupito l’affetto straordinario che ho ricevuto dalla gente in due occasioni. La prima durante la vicenda dei T-Red e la seconda quando Piero Di Caterina disse di avermi pagato delle tangenti. Successe tre giorni prima della festa cittadina. Ero un po’ titubante e invece tantissima gente mi venne incontro per dirmi che non credevano a una sola parola di quel signore».
Per dieci anni tutti allineati e coperti e nell’ultimo mese due assessori hanno votato contro a delibere di giunta. Come lo spiega?
«Direi che è una scelta palesemente elettorale. Non sono deluso né sorpreso. Dico solo che cinque anni fa a due mesi dalla mia possibile rielezione accolsi 70 rom senzatetto e diedi loro l’opportunità di stazionare in un capannone. Non ho mai fatto calcoli elettorali. Sull’ultima delibera dico solo che l’accesso a Milano due era bruttissimo. Ora è molto meglio. E l’insediamento previsto non è detto che sia commerciale. Potrebbe essere qualunque cosa come non esserci niente alla fine».
Tra tre giorni o se ci sarà ballottaggio tra 17, si sveglia, si alza dal letto e...?
«Se vincerà Tecla Fraschini dividerò il mio tempo tra il Comune, dove l’aiuterò inizialmente, e un’altra attività. In caso di sconfitta, invece, posso dire che mi dedicherò in toto a quest’ultima».
Che sarà?
«Non ne idea ora. Non ho l’ansia di trovarmi un lavoro. Vedremo. Non escludo che al massimo me ne tornerò in Spagna nella mia azienda che è già ben avviata».

Roberto Pegorini