2015-10-09

«Davanti a gente disposta a rischiare di morire in un viaggio da roulette russa, impossibile non rendersi conto da cosa stiano fuggendo, impossibile non interrogarsi davanti a certe tragedie. La storia della nostra città e i suoi valori ce lo imponevano: ospiteremo una famiglia di profughi». Il sindaco Eugenio Comincini ha voce ferma e convinta. Sa che potrebbero esserci anche reazioni contrarie, ma non vuole cedere di un passo: «Mi aspetto che ci sarà chi storcerà il naso, ma non possiamo farci intimorire. E soprattutto è arrivato il momento anche di ridimensionare una certa fobia». Accanto all’amministrazione comunale ci sarà anche la Caritas cittadina che a sua volta ha recuperato due piccoli appartamenti, uno all’Oasi di Santa Maria e l’altro che era l’abitazione di don Claudio, in grado di ospitare altre sei o sette persone. «Credo che per la comunità cittadina sia normale aprirsi» spiega il prevosto don Ettore. «Intervenire è nello stile di vita di un cristiano, deve essere la regola. Non abbiamo la presunzione di risolvere il problema a tutta l’Europa, vogliamo solo dare la nostra risposta perché davanti a un’emergenza così grande è impensabile rimanere indifferenti». Comincini conferma poi quanto sia stato di stimolo il confronto su questo tema con la comunità ecclesiastica: «Quando a giungo è scoppiata l’emergenza profughi oggettivamente non avevamo strutture libere, come scuole o palestre, da mettere a disposizione. Tuttavia non volevamo rimanere inattivi e la lettera di sprone che c’è stata scritta dalla Caritas cittadina è stata un ulteriore incentivo per attivarci in qualche modo». Ospitare sì, ma non senza progettualità. Questa è stata la parola d’ordine dell’amministrazione comunale che, sempre tramite la Caritas, si è messa in contatto con la cooperativa “Farsi prossimo” che, insieme ai Servizi Sociali del Comune, ha studiato un percorso di accompagnamento per fare in modo che queste persone non vengano ospitate, bensì inserite anche nel tessuto sociale. «La nostra cooperativa si occupa da 20 anni di integrazione» spiega Paolo Grassini, uno dei responsabili. «Il nostro progetto guarda oltre perché dare un pasto possono farlo tutti, riuscire a inserire queste persone nella comunità è la vera sfida e deve coinvolgere tutti. Li aiuteremo nella compilazione della domanda di richiesta d’asilo e creeremo le occasioni per mettersi a disposizione della cittadinanza». A consolidare il concetto anche l’assessore ai Servizi Sociali Silvia Ghezzi: «Cernusco ha un tessuto associativo sempre pronto a intervenire. Come amministrazione deleghiamo il progetto alla cooperativa, ma non vuol dire disinteressarci. Verificheremo che tutto vada in un certo modo perché l’obiettivo è di garantire a queste persone anche un futuro e una vita dignitosa». Sull’aspetto pratico, cioè dove fare vivere i quattro profughi di cui si farà carico il Comune, è il vice sindaco Giordano Marchetti a sgomberare il campo da ogni equivoco: «Abbiamo cercato un appartamento che non fosse sottratto all’edilizia residenziale per evitare ogni polemica. E abbiamo individuato un’abitazione comunale nella corte di via Balconi 3 oggettivamente ridotta ai minimi termini. Abbiamo fatto ben due bandi di vendita e sono andati deserti. E così l’abbiamo sistemato e messo a disposizione». I primi profughi dovrebbero arrivare in città la settimana prossima. «E chiariamo anche la questione soldi: Lo Stato dà a loro 2 euro e 50 al giorno, non le cifre colossali che si sentono», conclude Comincini. I cernuschesi si troveranno nella posta una lettera scritta dal sindaco dove verrà spiegata l’iniziativa.