2023-12-15

Ho solo espresso un concetto costituzionale e lapalissiano, ma evidentemente ho toccato un nervo scoperto, se ha avuto un’eco così sproporzionata». A parlare è  Marco Vizzardelli, giornalista di 65 anni, domiciliato a San Felice, salito alla ribalta delle cronache italiane, suo malgrado, per aver gridato “Viva l’Italia antifascista” alla prima della Scala. «Visto il clamore che ne è venuto fuori, allora mi dico: “Ho fatto bene”, perché ho scoperchiato un vaso di Pandora» prosegue Vizzardelli, che abbiamo incontrato sotto il portone di casa sua.
Disponibile, sorridente e ironico, ci conferma che ancora non ha capito per quale motivo la Digos abbia voluto identificarlo: «L’ho detto anche ai poliziotti: non ho commesso alcun reato. Se avessi detto viva l’Italia fascista, l’avrei capito, ma così proprio no. Posso ipotizzare che qualcuno gli abbia chiesto di farlo, ma è solo una mia sensazione, non ho certezze». Grande appassionato di lirica, Vizzardelli, che segue le prime un po’ ovunque, assicura di non aver urlato («È il tono della mia voce che è un po’ alto»). E quando gli chiediamo di commentare le dichiarazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa («Non l’ho sentito») e del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini («Alla Scala non si grida») la sua risposta è semplice: «Concordo in pieno su quanto ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere della Sera. Senza volerlo, ho dato a La Russa e a Salvini un assist perfetto per commentare che avevo ragione. E invece...».
Infine Vizzardelli vorrebbe fare alcune precisazioni: «Non capisco perché se dico che sono antifascista devo per forza essere comunista. Ho letto su  un quotidiano di centrodestra che sarei il nuovo leader della sinistra, ma è talmente grossa che mi viene da ridere. E non voglio nemmeno essere tirato in ballo con questa storia partita dalla Schlein del dire “Sono antifascista, ora identificateci tutti”».