Uno dei pannelli descrittivi

L'esposizione dopo la prima di domenica nella sede della Bcc verrà replicata in biblioteca dall'11 al 23 aprile

27 Marzo 2015

Solitamente gli aggettivi per definire una mostra sono bella e interessante. Quella dell’Anpi di Cernusco è invece emozionante e toccante. All’interno dei 25 pannelli allestiti domenica nella sede della Bcc di piazza Unità d’Italia (ma l’esposizione sarà visitabile anche dall’11 al 23 aprile presso la biblioteca di via Cavour), l’associazione di partigiani locali racconta la Resistenza dal punto di vista cernuschese nel 70° della Liberazione. Storie anche fotografiche, raccolte grazie ai parenti dei protagonisti e all’archivio di privati cittadini, di ragazzi che hanno contribuito nel loro piccolo a un pezzo di democrazia.   
Il giovane presidente dell’Anpi
«È un’altra tappa del percorso che da alcuni anni stiamo portando avanti, attraverso la conservazione, la trasmissione e la valorizzazione della memoria della nostra comunità» commenta Danilo Radaelli, 38 anni, presidente della sezione cittadina dell’Anpi. «Il 70° della Liberazione è un’occasione per raccontare e attualizzare quella coscienza civile che fece scegliere a migliaia di giovani la democrazia, la libertà e la giustizia, contro l’oscurantismo e la prepotenza del nazifascismo. Un grandissimo ringraziamento alle centinaia di persone che sono venute a visitare la mostra, è stata una bellissima sorpresa e soddisfazione, vi aspettiamo alle prossime iniziative».
La rassegna per il 70°
La mostra si inserisce in una più ampia rassegna di eventi studiati dall’Anpi per celebrare l’anniversario. Prossimi appuntamenti il 15 aprile con “Storie di Resistenza nella Martesana” (ore 21 in biblioteca) e il giorno seguente con il laboratorio teatrale delle scuole medie condotto dall’attrice Arianna Scolmegna (ore 21, Casa delle Arti).
I ricordi di Roberto Camerani
La mostra di domenica è stata apprezzata da tutti i visitatori che in particolare si sono soffermati sul pannello “Questo è un uomo”, dedicato a Roberto Camerani, il deportato cernuschese morto 10 anni fa. Camerani arriva a Mauthausen nel 1944. Non ha più nome, è un numero: 57555. Dopo la quarantena viene trasferito a Ebensee e destinato agli scavi in galleria. Qui perde 30 chili e impara a sopravvivere, evitando punizioni fatali, e a non pensare.
Ma scrive (toccante il menù di quello che avrebbe voluto mangiare). In particolare il 6 maggio 1945, all’arrivo degli americani, non è in grado di muoversi. Un giorno in più e sarebbe stato troppo tardi. Il ricordo del 3 maggio è questo: «Oggi abbiamo tirato la cinghia più del solito: a mezzogiorno mezzo litro di zuppa fatta con acqua pura ed erbe di campagna e alla sera un quartino di brodaccio con un pezzetto di pane nero del peso di 200 grammi circa. Ora non attendo che la morte. Sento di poter resistere ancora due o tre giorni, se nel frattempo non succede nulla di nuovo è finita per tutti qui. Il gabinetto è pieno di morti, noi tutti non siamo che degli spettri ambulanti. Il povero Bianchina ha finito di soffrire: egli ha chiuso gli occhi verso le 18. Era romano e lascia tre figli». E il 4 maggio: «Credo proprio sia giunta la mia ora. Non mi reggo più in piedi. Barcollo e sento un forte ronzio nelle orecchie. Rizzandomi vedo tutto rosso e il cuore mi batte in gola, so che questi sono i sintomi che precedono la morte e penso che domattina sarò anch’io sul carrettino del crematorio. Oggi la zuppa era acqua e patate marce. In serata mentre sto mangiando con sacra religiosità il mio pezzetto di pane, si ode il rombo di un motore. Alcuni compagni osservano per curiosità dalle finestre. Si ode un urlo solo: gli Americani! Un miracolo, dopo tanta attesa e tante ansie ecco aprirsi la porta della libertà e della vita. la fine di tante sofferenze create dal genio malefico della Ghestapo ed SS».