19 Giugno 2020

Ogni anno, tutti si prodigano per impartire ai nuovi maturandi le dritte per un buon esame e ognuno ha la sua filosofia. Accade però che i ragazzi siano sempre in quella sensazione febbrile mista tra l’ansia, l’attesa e la paura, quindi ascoltino le opinioni degli adulti quasi solo per educazione. L’unico suggerimento di cui ho memoria veniva dalla mia professoressa di inglese, la quale aveva detto solo di godercela, che non sarebbe capitato mai più di trovarci in quella situazione. Mi aveva colpito molto l’invito al carpe diem, tanto scontato, quanto spesso sottovalutato. Eravamo davvero solo desiderosi di portare a termine quell’impresa, quindi nessuno faceva caso a cosa succedeva nel frattempo, né tantomeno a godersela. Le cose cambiano nel tempo; nel corso di quest’anno, in particolare, gli schemi su cui si basava la vita di tutti sono mutati e ci hanno portato a domandarci almeno una volta: “Ma me la sono goduta, quando potevo?”.

È inevitabile che, immersi nel caos della quotidianità, sia difficile preoccuparsi anche di ciò che si sta facendo, nel momento in cui lo si fa. Ecco, il maturando è il paradigma dell’uomo moderno: diviso tra la gioia, la speranza, la voglia di fare e il timore di non essere pronto per questo salto, per abbandonare la comodità degli spazi e degli amici di una vita. Si dice “maturandi” al gerundio, perché chi si appresta a uscire dalle superiori sono uomini e donne in divenire, attraversati da sensazioni diverse e spesso indecifrabili. Stando così le cose, risulta quasi inevitabile “lasciarsi vivere”, senza accorgersi dell’irripetibile bellezza dell’attimo. Questa sarebbe però una visione degli esami di Stato molto edulcorata. In realtà, sono faticosi, tengono concentrati sui libri anche fino a luglio, mentre le giornate si allungano e le ore di sonno si accorciano.

Ma questa è solo una parte della verità. L’altra riguarda la spensieratezza di quando si esce dall’aula dopo l’orale, o i giorni di preparazione, vissuti quasi sempre con gli amici, tra gruppi studio e feste, brindisi alla fine di un’era e all’inizio di una nuova. Per questo, il consiglio migliore sarebbe di godersela. D’altra parte, quest’anno la situazione è diversa e l’esame in sé ha perso lo smalto che lo rendeva quasi un rito di passaggio. Ora, per cause di forza maggiore, è diventato più asciutto, meno cerimonioso. Non ci sono più i banchi disposti nei corridoi, né gli abbracci agli amici e ai parenti finito tutto. Sono scomparsi aspetti per cui era più impegnativo, ma anche aspetti che lo rendevano un’esperienza significativa. A me sembra, però, che questi maturandi porteranno un ricordo identico, anche più indelebile, forse. Nonostante tutti i cambiamenti che ci sono stati, le ansie rimangono le stesse, passate come un testimone tra le generazioni. Il mondo intero è stato costretto al mutamento in questi ultimi mesi, ma sembra impossibile che le emozioni, partorite nell’intimo di ognuno, possano davvero cambiare.

Ho chiesto a qualche amico quali sono le aspettative e i sentimenti verso all’esame. Le risposte sono state le stesse che avrei dato io un anno fa. La verità più sincera è che di fronte alle grandi prove possiamo ricevere i consigli migliori, nutrire speranza o risentimento, insomma, possiamo essere soggetti a tutti gli stimoli e le resistenze immaginabili (basti vedere gli eventi dell’ultimo semestre), ma tutti reagiamo allo stesso modo. Comunque la si viva, la maturità ci intimorisce e ci esalta allo stesso tempo. È sempre stato così e lo sarà sempre, perché non conta tanto che il mondo sia in continuo mutamento: per il maturando conta solo il suo divenire, ed è giusto così. L’esame di maturità, in ultima analisi, permette di dare una direzione al proprio crescere, perciò merita tante attenzioni. Ecco perché bisogna goderselo.

Chiara Valnegri