Malcangio è la seconda da destra
13 Aprile 2012

Nelle interviste dei primi anni Novanta spesso eravamo accomunate: due pugliesi nella Lega Nord. Rosi Mauro, responsabile del Sindacato Padano e io, Paola Malcangio, responsabile dell’ufficio stampa della Lega Lombarda e prima portavoce del primo (e ultimo) sindaco leghista di Milano, Marco Formentini. Per me, però, la permanenza in Lega fu breve perché nel 1995 Roberto Calderoli mi “licenziò” per aver organizzato una conferenza stampa in cui l’allora segretario lombardo Luigi Negri (cognato di Calderoli) annunciò il suo dissenso contro il primo ribaltone di Umberto Bossi nel governo Berlusconi. Quel licenziamento mi fece piangere parecchio perché nella Lega credevo davvero, mi ero avvicinata come militante nella sezione di Monza e dopo la laurea (vera) in giurisprudenza ero finita prima all’ufficio stampa della Lega di Milano e poi a Palazzo Marino. Ricordo che a me e agli altri collaboratori di Luigi Negri, tutti espulsi (lui compreso), fu permesso di rientrare in ufficio a prendere le nostre cose sotto la vigilanza armata degli uomini della scorta di Bossi. Nonostante questo trattamento forse spropositato perché eravamo giovani e inoffensivi, ho vissuto in Lega anni bellissimi e, una volta fuori, l’ho sempre seguita con affetto: dopotutto mi ha insegnato un mestiere e mi ha fatto conoscere l’uomo che sarebbe diventato mio marito. Con molta tristezza ho seguito la serata dell’orgoglio padano in televisione. Vedere Umberto Bossi così debole, sostenuto praticamente solo dalla pietà dei militanti, mi ha fatto molto male: poteva davvero cambiare la nostra storia e invece è finito da “un uomo piccolo”. Mi ha reso triste vedere Rosi Mauro abbarbicata alla poltrona: da una donna così mi sarei aspettata comunque un passo indietro. Certo la Lega ha tante risorse, è vero, potrebbe riprendersi anche questa volta ma oggi mi sembra una malata terminale, uccisa da tutto ciò che ha sempre combattuto: mancanza di democrazia e corruzione. Spero di cuore che Roberto Maroni possa salvarla. Spero che le nuove regole da lui dettate nella serata dell’orgoglio padano servano davvero a ricominciare: fuori chi ha sbagliato, soldi alle sezioni, largo ai giovani. E visto che si stanno riscrivendo le regole mi permetto di suggerire una revisione anche dello statuto della Lega, visto che è l’unico statuto di partito che non contiene nessuna norma volta a favorire la partecipazione delle donne alle decisioni interne o alla competizione elettorale. Non so, forse più donne negli organi decisionali avrebbero potuto contrastare il potere di quelle poche che hanno giocato sporco, forse oggi la Lega non avrebbe così tante difficoltà nell’individuare assessore più degne per la Regione Lombardia, forse qualche parlamentare donna in più avrebbe potuto aiutare a ripensare servizi e strutture per la famiglia, quella vera, però, non quella del dossier “The Family”.

Paola Malcangio