10 Novembre 2023

Molti lo conoscono per le sue esibizioni al Soloperoggi, come uno degli artisti di strada ad aver animato con la sua chitarra l’evento organizzato da Ediesse. Ma in tanti lo ricordano anche come chitarrista della celebre band Gruppo italiano, che negli anni ’80 ci ha regalato delle hit come “Tropicana” e “Anni ruggenti”, quest’ultima in gara al festival di Sanremo nell’84. Si tratta di Gigi Folino, che dopo lo scioglimento della band nell’86 ha proseguito la sua attività reinventandosi di continuo, ma sempre mettendo la musica al centro. E con lui ripercorriamo i momenti cardine della sua carriera.
Quando ha iniziato a suonare?
«A sei anni. La passione mi è stata trasmessa dal nonno, anche lui musicista. Mio padre mi prese un maestro di chitarra classica e da lì ho incominciato. Sono entrato nella prima band a 14 anni: si andava ancora a provare nelle cantine, dopodiché si facevano i primi concerti negli edifici occupati e agli eventi in piazza. Era un’epoca molto impegnata e anche i musicisti dovevano essere all’altezza».
Ora, invece, come è cambiato il panorama musicale?
«Avendo avuto uno studio di registrazione mio fino al 2004, ho seguito tutti i cambiamenti. Prima si era in molti meno, invece adesso le nuove piattaforme danno possibilità a tutti di presentarsi al pubblico. La comunicazione è in mano ai giovani, come era ai nostri tempi, solo che lì i giovani eravamo noi».
Come definirebbe la musica del Gruppo italiano?
«Avevamo creato un sound originale che ci distingueva. Venivamo dal progressive-rock, poi siamo entrati nella new wave dal Regno Unito, ma spaziavamo molto tra i generi».
Com’era la vita in tour?
«Dall’82 all’86, finché eravamo in attività, abbiamo fatto due tour. Si viaggiava tanto ma io ero abituato perché da quando avevo 17 anni giravo in tutta Italia con altri gruppi. Poi facevamo molte ospitate nei programmi tv, ricordo che non c’era ancora la diretta».
Ha dei ricordi a cui è più affezionato?
«Direi l’esperienza di Sanremo. Poi ricordo un concerto a Monte Carlo per la Croce Rossa, perché era un evento di prestigio, ma anche una serata in cui abbiamo suonato a Lanciano in una piazza con 20mila persone».
Qualche rimorso o rimpianto?
«Non direi. Dopo che il gruppo si è sciolto ho fatto cose diverse, ma è giusto così. A volte mi dicono che dovremmo fare un remix di “Tropicana” e a me sta bene, ma dovrebbe essere qualcun altro a farlo, perché per me la canzone è quella lì ed è finita così».
Diceva che ha avuto uno studio di produzione, si è occupato di questo dopo lo scioglimento della band?
«L’ho aperto nell’88 affittandolo per conto terzi, poi ho fatto anche produzioni mie. Ho lavorato molto con Mediaset fino al 2000; per esempio, ho fatto tre anni a “Buona domenica” con la Cuccarini. Ma anche collaborazioni con la Rai e per le prime stazioni satellitari per ragazzi».
E ora che cosa fa?
«Da una decina d’anni sono diventato anche un artista di strada, più connesso all’aspetto esecutivo della musica, perché lavorare in studio mi aveva tolto quel fattore del live, l’immediatezza di esecuzione che è poi il bello della musica. Così invece si dà alle canzoni un’anima che poi arriva alla gente e si instaura una comunicazione non verbale».
Oltre al Soloperoggi, dove si è esibito?
«Da quando c’è stato il covid mi hanno chiamato a suonare anche a eventi che si chiamano Jam Burrasca, concerti quasi sempre benefici. Il prossimo sarà il 19 novembre a Monza per l’onlus Salute donna».
È questa ad oggi la sua attività principale?
«No, mi occupo soprattutto di music learning nelle scuole, attraverso il metodo Gordon. È un percorso per acquisire delle piccole competenze musicali attraverso un dialogo libero e spontaneo. L’ho conosciuto per caso, ma adesso ho fatto molti corsi e mi sono appassionato».
Chiara Valnegri