«Padre Giuliani, Cappellano Militare, medaglia d’oro al Valor Militare». Recita così la targa a ricordo del sacerdote che dà il nome alla piazza nel centro pedonale adiacente alla sorella maggiore Unità d’Italia. Ma chi era veramente questo personaggio? si sono chiesti qualche settimana fa i rappresentanti di Vivere Cernusco, imbeccati dalla lettera di un loro sostenitore. Una rapida verifica e la scoperta è subito fatta. Ed è stata «sconcertante» come l’ha definita Mariangela Mariani, capogruppo in consiglio comunale della lista civica. Perché nella Cernusco governata dalla sinistra, molto attiva nel ricordare le nefandezze del fascismo e del nazismo, svegliarsi un giorno venendo a sapere che Padre Giuliani è quel Reginaldo Giuliani (nella foto), «morto durante la guerra d’Etiopia mentre cercava di evangelizzare gli infedeli abissini a colpo di moschetto» non è cosa da poco. Non uno dei tanti missionario cernuschesi, quindi, come si è sempre pensato, ma «un fascista della prima ora che partecipò con D’Annunzio alla presa di Fiume, alla marcia su Roma e nel 1935 partì volontario come cappellano delle camicie nere nella guerra in Etiopia dove trovò la morte cercando di soccorrere un compagno ferito, atto che portò Mussolini a insignirlo al valor militare». Per Vivere basta questo per lanciare la proposta: cambiamo la dedica della piazza. E sul piatto mette un altro personaggio della chiesa «che si è distinto come uomo della pace: il Cardinale Carlo Maria Martini». La proposta pubblicata anche in Rete innesca cori di favorevoli, tra questi anche il sindaco Comincini (intenzionato a ragionare dopo aver sentito i cittadini), ma anche di contrari. E sono questi ultimi ad alzare i toni. C’è chi parla di «inutile caccia al cattivo» rileggendo la storia del sacerdote da altri punti di vista e chi si chiede se chi ha fatto questa scoperta non «abbia niente di meglio da fare». Ieri (mercoledì) a prendere posizione è la sezione cittadina dell’Anpi: «Apprendere che una piazza della città è dedicata a un cappellano delle camicie nere non solo ci ha sconcertato, ma altresì indignato. Va esattamente nel senso opposto rispetto al lavoro che da anni svolgiamo nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza, nonché nella valorizzazione dei luoghi significativi della storia partigiana locale. Pertanto, condividendo l’assunto che i luoghi pubblici debbano portare nomi di esempi alti di vita e di cittadinanza, facciamo nostra la proposta di Vivere di avviare un percorso per il cambio di denominazione della piazza. L’occasione per un serio approfondimento su quelle che furono le nefandezze del colonialismo fascista in Africa, per anni rimosso o edulcorato».