15 Novembre 2019

Lunedì al processo nei confronti di Ousseynou Sy, il 47enne di origini senegalesi che lo scorso 20 marzo sequestrò un autobus con 51 studenti e gli diede fuoco, rischiando di compiere una strage, è stata ascoltata la tesimonianza dell’appuntato scelto della stazione di Segrate, Simone Zerbilli, tra i primi a intervenire sulla Paullese. E le sue parole non hanno lasciato per nulla indifferenti: «Quando abbiamo raggiunto l’autobus, abbiamo provato in tutti i modi a rallentarlo assieme alle altre auto dei miei colleghi, che nel frattempo sono arrivate» ha raccontato il carabiniere. «Vedevo che dallo specchietto l’autista faceva dei gesti come a dire di spostarci, intanto dalla centrale operativa ci informavano che l’intenzione di Sy era andare sulle piste dell’aeroporto di Linate». Zerbilli ha poi spiegato la manovra effettuata per bloccare la corsa dell’autobus: «Continuava a zigzagare, viaggiando a 50 all’ora. Io cercavo di “fare l’elastico”, a volte stavo molto vicino, a volte più lontano. Lui più volte ha cercato di schiacciarci contro il jersey di cemento, ma senza riuscirci». Poi la decisione di mettersi per traverso con l’autobus, di fatto bloccando la corsa del dirottatore: «A quel punto, insieme al mio collega siamo scesi dall’auto e io mi sono diretto verso il lato anteriore del bus. Sy aveva al suo fianco due bambini schiacciati contro il vetro del parabrezza e mi ha detto di spostare l’auto, altrimenti avrebbe fatto esplodere l’autobus. Ho cercato di prendere tempo, mentre lui continuava a ripetere “Lo faccio esplodere, lo faccio esplodere”. Poi ho sentito il rumore dei vetri infranti dai miei colleghi» e a quel punto ha capito che dalla parte posteriore stavano liberando i ragazzi. La tensione era talmente tanta che Zerbilli ha spiegato che hanno contato per tre volte gli studenti, nel timore che qualcuno fosse rimasto all’interno dell’autobus: «La nostra preoccupazione in quel momento era solamente per loro. Una volta che abbiamo bloccato Sy, l’ho sentito dire che l’aveva fatto per vendicare i bambini morti nel Mediterraneo». Al banco dei testimoni è salita anche la bidella che, insieme a due professori, si trovava anch’essa sul mezzo sequestrato. L’imputato era presente in aula e per lui le accuse sono davvero pesanti: strage, sequestro di persona aggravato dalla minore età delle vittime, incendio, resistenza e lesioni. Inoltre tutti reati aggravati dalla finalità di terrorismo.